Mimma Noziglia, psicologa , Milano
Ho scelto di parlare di “continuità educativa”, non soltanto per ricordare due importanti momenti di formazione rivolti alle educatrici dei Nidi e delle Scuole dell’infanzia, ma per sottolineare come il bambino per crescere abbia bisogno di una continuità di cure, di relazioni – all`interno della propria famiglia e con le altre persone cui viene affidato, nel nostro caso le educatrici.
Vorrei per prima cosa, fare una breve riflessione sul titolo che abbiamo scelto per queste giornate di studio: “La scommessa dei bambini”, lo stesso di un convegno organizzato da Loris Malaguzzi a Riccione, nel maggio 1988.
Nel sottotitolo leggiamo una frase di Loris Malaguzzi: “Se oggi siamo in un ‘epoca in cui il tempo e i ritmi delle macchine e del profitto sono modelli contrapposti ai tempi umani, allora bisogna sapere da che parte stanno psicologia, pedagogia e cultura”.
Ci poniamo le stesse domande anche oggi, se le pongono anche molte educatrici, lo abbiamo sentito in varie occasioni.
Ma torniamo al convegno di Riccione, che si era tenuto in un periodo in cui si parlava molto del rischio di far crescere “bambini tecnologici”, che rispondevano automaticamente a stimoli preconfezionati, piccoli robots che sarebbero cresciuti come adulti opachi, conformisti e perciò potenzialmente pericolosi.
Oggi la situazione è forse più preoccupante; in un suo recente lavoro – “Gente di domani”, Newton & Compton, 2005 – la neuroscienziata S. Greenfield si chiedeva con preoccupazione “come riusciranno le nuove tecnologie a trasformare il modo in cui vediamo e comprendiamo il mondo?”, facendo riferimento anche a quella sorta di pazzia del giorno d’oggi prodotta dall’onnipresente telefonino cellulare. Purtroppo a volte li usano anche i bambini piccoli, i quali spesso passano anche molto tempo davanti alla TV o alla playstation.
Qualche anno fa, in un articolo sul Corriere della Sera, si parlava addirittura di una TV per neonati- che E. Caffo, presidente di Telefono Azzurro, commentava così: “Questi prodotti sono puro intrattenimento, non c’è niente di educativo a quell’età che passi per la tv. Sono molto ripetitivi, rassicuranti, sono ovviamente studiati per far stare tranquilli i bambini: ma tutto avviene senza una relazione. È invece nello sguardo, nel sorriso di un genitore, nell’ascoltare il tono della sua voce, che si forma la mente e il cuore di un bambino”.
Questa mattina stiamo parlando ancora una volta del “significato centrale della relazione ” per il bambino piccolo (con i suoi genitori e con gli adulti che lo aiutano a crescere) e dei legami di attaccamento.
Con riferimento alla teoria dell’attaccamento – e per collegarmi alla formazione con l’osservazione che avevo proposta alle educatrici – ricorderò che proprio J. Bowlby (alla fine degli anni 60), pensando alle operatrici degli asili e alla madri adottive, aveva chiesto a E. Bick (che alla Tavistock Clinic aveva messo a punto un metodo di osservazione del bambino in famiglia) di pensare a una formazione specifica per gli operatori dell`infanzia (psicoterapeuti ed educatori).
È nata così l’Infant Observation – che ha costituito una parte importante anche della mia formazione.
Una modalità di osservazione che mi è stata molto utile quando, come Ida Finzi, lavoravo nei Servizi di Igiene Mentale e che avrei successivamente proposto alle educatrici dei nidi.
Naturalmente in questo caso non si trattava di una “applicazione”, ma piuttosto una “estensione” dell’osservazione del neonato in famiglia: le educatrici avrebbero osservato bambini nel loro contesto di lavoro, arrivando a poco a poco a fare osservazioni longitudinali, per poter cogliere i possibili cambiamenti indotti da questo nuovo modo di stare con i bambini.
Si trattava di una osservazione “partecipe”, che non utilizzava schede e non si poneva l’obiettivo di convalidare ipotesi né di acquisire dati per costruire un determinato modello di sviluppo infantile, ma si proponeva di aiutare le educatrici – come diceva prima la collega, a “sviluppare competenze adeguate alle esigenze relazionali affettive e cognitive del bambino”.
Per sviluppare queste competenze le educatrici devono diventare capaci di osservare, prestare attenzione, cercare di capire, lasciarsi toccare dall’esperienza emotiva che comporta la relazione con i bambini, per i quali sono “figure di riferimento” molto importanti.
Sappiamo come tutto ciò non sia facile, occorre un progetto di una certa durata, un buon gruppo di lavoro, un conduttore esperto che aiuti a capire, attraverso la condivisione delle proprie esperienze, “i bisogni e le emozioni del bambino, attraverso l ‘osservazione del suo sviluppo e delle sue relazioni.”
Emozioni che non riguardano solo i bambini, ma le stesse educatrici, i genitori, tutti noi, come ci ha più volte ricordato Fulvio Scaparro.
Le relazioni sono importanti non soltanto per il bambino, ma anche per gli adulti – genitori ed educatori – i quali a volte si trovano soli in un campo percorso da correnti emotive molto intense e hanno bisogno di supporto.
A volte possono darselo reciprocamente, lavorando insieme, pensando e creando cose nuove, lo abbiamo visto al “Tempo per le Famiglie”, ma anche al nido e a scuola e non soltanto nel periodo dell’inserimento.
Torniamo al progetto di formazione con l’osservazione, che si poneva appunto l’obiettivo di aiutare le educatrici a conoscere meglio i bambini, osservandoli e discutendone in gruppo con un conduttore esperto, costruendo in tal modo, all’interno del nido o della scuola, un “campo relazionale” in cui si poteva comunicare meglio (tra colleghe, con i genitori). Di cosa ha bisogno un bambino piccolo per crescere – oltre al cibo, le cure fisiche, l’handling di cui parlava Winnicott? Accanto alle cure fisiche occorre un buon holding– da parte di un adulto “sufficientemente buono” (la madre ‘sufficientemente buona’, il riferimento è ancora a Winnicott).
A proposito di bisogni, permettetemi ancora una citazione, da un bellissimo lavoro di Brazelton e Greenspan: I bisogni irrinunciabili dei bambini (Cortina, 2000): “Le relazioni di accudimento emotivo – essi scrivono – rappresentano il fondamento primario e cruciale per la crescita intellettiva e sociale. Le relazioni insegnano ai bambini anche quali comportamenti sono appropriati e quali no… assieme al comportamento, comunque, cominciano a delinearsi in maniera consistente anche le emozioni, i desideri e I’ immagine di sé… Le relazioni permettono al bambino di imparare a pensare…”
Le emozioni, concludono gli autori, non sono qualcosa di distinto dalle capacita teoriche o dall’intelligenza globale, “le emozioni sono gli artefici, le guide, gli organizzatori interni delle nostre menti”.
Il nostro progetto di osservazione era stato avviato nel 1988, con Magda Viola (psicoanalista S.P.l.) e si era sviluppato successivamente all`interno di una ricerca-intervento promossa dal C.I.E. e dall’Università degli Studi, in occasione dell’apertura delle sezioni di raccordo nido/materna, nel 1991.
Osservazione e Sezioni di Raccordo, due progetti di “continuità educativa” – tra servizi e famiglie, tra due servizi – di cui abbiamo parlato in numerosi convegni e seminari e di cui abbiamo portato qui una parte della documentazione.
Non possiamo ripercorrere qui dettagliatamente questi progetti di formazione – quello con l’osservazione è durato 11 anni – e neppure accennare ai numerosi altri progetti e momenti di formazione, su argomenti diversi, organizzati dai miei colleghi e da me, ancora una volta rinvio alle nostre documentazioni e alle nostre pubblicazioni.
Alla fine degli anni ’90 avevamo anche presentato al nostro Direttore di Settore una proposta: “Verso un nuovo modello di gestione nei S.E.I.” nel quale, facendo riferimento all’esperienza di. continuità educativa della ex zona 20, proponevamo una sperimentazione che avrebbe garantito una migliore qualità del servizio (grazie all’impegno e all’interesse dei partecipanti) consentendo la gestione e la progettazione di servizi più flessibili e meno costosi.
Servizi pubblici, tengo a sottolinearlo, con possibili collegamenti con servizi privati di qualità.
Nella mia circoscrizione nidi e scuole lavoravano spesso insieme al Centro di Documentazione “Spazio-Incontro”, nei momenti di formazione, progettando servizi come i micronidi e le sezioni di raccordo, partecipando insieme a progetti cittadini come il “Bambino Urbano” o zonali come “Scuola/Genitori”, insieme agli operatori ASL.
Possiamo dire che allora davvero si co-costruiva, oggi tutto questo sembra non ci sia più, cosi almeno ci dicono.
Avevamo sempre pensato che formazione e organizzazione fossero strettamente collegati, che una buona organizzazione – non calata dall’alto, ma condivisa per quanto possibile con gli operatori – avrebbe aiutato a progettare meglio i servizi, sostenendoli attraverso una formazione e un aggiornamento costante del personale.
Formazione e aggiornamento che naturalmente devono essere coerenti con le scelte dell’Amministrazione, ma anche tener conto dei problemi e delle richieste dei singoli servizi.
Quando avevamo aperto le Sezioni di Raccordo non soltanto il progetto di formazione era chiaramente definito, indicando anche i tempi e i nomi dei docenti, ma il collegio delle educatrici “doveva” aderire; altrimenti come avremmo potuto realizzare un nuovo servizio e monitorare l’iniziativa?
Le nostre educatrici del resto chiedevano formazione, come sembra la chiedano anche oggi.
Lasciatemi ancora dire che proprio perché oggi ci stiamo giocando il futuro – dei nostri servizi all’infanzia, della scuola – dobbiamo ricominciare a pensare e a ragionare, come scrive Ferruccio Cremaschi nel suo bellissimo editoriale: “Ricominciamo a pensare e a ragionare. Rimettiamo in discussione le scelte e le priorità. Ridiamoci un ideale e ridiamogli fiato e voce.”
La scommessa dei bambini, Milano, 2008
Documentazione:
II bambino e le sue relazioni: in famiglia, al nido, alla scuola dell’infanzia
Educazione, formazione, istruzione
Assistenza o educazione? I bisogni dei bambini come base per pensare ai servizi per I’infanzia