La cura delle possibilità attraverso saperi e culture
Ognuno ha una favola dentro che non riesce a leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che, con l’incanto e la meraviglia degli occhi, la legga e gliela racconti.
A dicembre 2019 sono 9 anni che, con il gruppo culturale Amazzone o Penelope di Milano, donne e professioniste che operano in campo sociale ed educativo, siamo in dialogo per evocare la dialettica tra opposti che sovente si incrociano nel quotidiano, nel modo di vivere le dimensioni del femminile, per dar voce e nominare le trasformazioni caratteristiche di questo momento storico. La ricerca che svolgiamo e mettiamo a disposizione di altre donne, sia durante le formazioni nei servizi educativi o agli eventi culturali, vuole esplorare:
“chi sono oggi le donne, le madri e di cosa parliamo quando evochiamo ruoli o codici materni?”
Solitamente per ogni tema ed approfondimento, raccogliamo le voci delle donne attraverso un’intervista scritta oppure un colloquio, da cui emergono testimonianze, pensieri e riflessioni preziose, che intrecciamo ai nostri pensieri, approfondimenti e saperi. Nel 2017 è nata con alcune educatrici dei nidi comunali “Il Girasole” & “Titigulì” di Treviglio (BG), Mauro Roberta e Caseri Daniela, una ricerca sui gesti educativi, per raccogliere le voci delle madri delle diverse nazionalità presenti ai nidi. Le educatrici si sono accorte, che agli incontri offerti ai genitori per raccontarsi vicendevolmente le storie dei bambini, solitamente chi è di nazionalità differente a quella italiana, fatica a prendere parola e a dire la propria idea sull’educazione dei figli, forse perché portatori di gesti e pensieri differenti, riconosciuti e osservati nel quotidiano anche da loro. Nei due incontri al nido con le educatrici porta voci e referenti del gruppo e con la collega del gruppo Amazzone o Penelope e formatrice Irene Auletta, si è deciso che lo strumento di indagine e di raccolta delle narrazione delle madri dei nidi di diverse nazionalità, poteva essere un’intervista. Le domande, una volta pronte e condivise con le educatrici, sono state utilizzate in un colloquio a due, registrato e poi sbobinato, così da sperimentare:
– sia un nuovo modo di conoscere il reale e ciò che accade intorno a loro,
– sia per permettere di allacciare con queste mamme un nuovo rapporto più profondo, ricco dello scambio che questa occasione avrebbe offerto loro.
Sono emersi aneddoti della loro esperienza di donne, madri, figlie, educatrici, insegnanti e studenti, narrazioni che connettono immagini di se stesse nei diversi ruoli educativi e asimmetrici, tra madre e figlia, tra insegnante e alunno, nell’intreccio che traccia segni importanti inseriti nella dinamica dell’insegnare e dell’imparare, l’uno dall’altro. La ricerca ha provato a cogliere ciò che si impara attraverso il gesto, legato alla terra d’origine e alle proprie radici e cultura, risuona delle storie che provengono da: Spagna, Senegal, Romania, Perù, Marocco, Costa D’Avorio, Grecia, Italia, Rwanda, Albania e a famiglie affidatarie con bambini che provenivano da paesi diversi.
È diventata pian piano una narrazione di storie che a partire dal viaggio personale di ognuna è diventata una storia collettiva, che riporta ciò che si può imparare dalle relazioni più importanti della vita. Voci e narrazioni dal sapore antico “S’Attobiu” si dice in sardo, vuol esprimere con questo termine “l’incontro”, quello speciale, ricco di intesa e di condivisione, tra due persone, che parlano in modo profondo e senza giudizio della loro vita.
Che cosa si sono portate a casa queste mamme che hanno partecipato alle interviste? Forse un momento per ripensare ai gesti educativi legati alla propria storia e nominarli per coglierne la potenza di tracce profonde. Sono emersi così:
– gesti “adottivi”, in bilico tra quelli ricevuti e quelli parte di una altra storia;
– gesti ritenuti a suo tempo “sbagliati” e fonte di conflitti, rivalutati da grandi nel loro senso e significati e riportati come insegnamenti di vita;
– gesti antichi, parte della cura e della dedizione di un’altra generazione, di cui vi è traccia solo nella memoria, forse perché oggi non è più riconosciuto come educativo;
– gesti narrati e per questo resi visibili ad un nuovo dialogo oggi, tra madri e figlie, proprio grazie al momento della condivisione di ciò che è emerso durante l’intervista.
Le preziosità di ognuna, legate al tema dei gesti, è raccolto in quel testo, di parole e immagini: “Voci di donne Il sapore antico dei gesti”, testimonianze e narrazioni, parte dell’evento culturale organizzato al TNT Teatro, con l’Amministrazione di Treviglio, il 3 maggio 2018. Di seguito alcuni stralci ripresi dalle registrazioni delle storie raccontate dalle mamme nei nidi alle educatrici.
“Con mia madre:
La sera il rito dell’addormentamento, bacio, rimbocco poi la canzone della buonanotte (questo pezzo è stato impossibile passarlo ai miei figli perché all’inizio le canzoni li svegliavano e li eccitavano).
Le passeggiate in vacanza: i chilometri di spiaggia con i piedi in acqua, i 10 minuti avanti e indietro fino alla fontana quando eravamo al lago, le camminate in montagna.
La spremuta a letto quando avevo l’influenza e più tardi a colazione quando andavo all’Università e quella con il tè al rientro, rimanevano i pochi momenti insieme di una giornata passata fuori casa.”
“Nei nostri primi incontri gli addormentamenti a Varsavia, quando ci toccavano la faccia per ore, ripassando il vocabolario “Capello, cappelli, faccia, occhi, naso, bocca…e quelli di adesso, un complesso rituale di baci, saluti, “naso, naso, ciglia, ciglia”…
Rivedo mia madre nel modo in cui gli accarezzò la testa mentre siamo in giro o quando stiamo andando da qualche parte.
La passione di Nicoletta per le filastrocche con le mani, anche se diverse da quelle che i miei facevano con me. Con i miei figli ho usato tanto quelle imparate come educatrice e usate poi nei laboratori.
“Ricordo la sera quando mi stava accanto mentre mi addormentavo, preparava il mio corredo con luce verde o blu, quella che si usa per i bambini.
Mio padre le diceva rimproverandola cosa rimani a fare sveglia sino a tardi alla notte e allora lei si nascondeva a lavorare lì vicino a me.
Quando sono cresciuta le ho detto, per me non lo voglio quel corredo, non è di moda e poi era troppo per me!!
E l’ultima volta che sono andata in Grecia le ho chiesto quel corredo perché ho capito il suo sacrificio e l’amore di quel gesto.”
“Ora capisco quanti sacrifici ha fatto per me e quanto è stata dura per lei crescere una bambina da sola in Marocco.
Non mi ha mai fatto mancare niente ed è stata sempre presente. Facevamo quasi tutto insieme.
Da piccolina lei mi cantava sempre delle canzoni d’amore prima di dormire.
E io adesso cerco sempre di farlo con mio figlio non solo con le canzoni ma con tutto cercando di non fargli mancare niente nella vita”.
“Siamo nel 1966, io ho 11 anni.
In casa ci siamo io e mia mamma che mi chiama e mi invita a sedere con lei al tavolo della sala. Sono preoccupata: se la mamma mi vuole forse ho combinato qualche cosa.
Invece, con mia grande sorpresa si mette a disegnare l’apparato genitale femminile, l’utero, le ovaie, le trombe di Falloppio e mi spiega di cosa si tratta e come funziona preparandomi all’arrivo della prima mestruazione. Mi spiega anche come avviene il concepimento e come l’uovo si sistema nell’utero e cresce per 9 mesi fino alla nascita del bambino.
Io sono entusiasta, non ne sapevo niente e ora si apre davanti a me la meraviglia della mia condizione di donna. Da quel preciso momento ho iniziato a desiderare di diventare mamma.
Da allora ho guardato con occhi diversi mia madre e mi sono sentita felice pensando che in un futuro potevo essere mamma come lei. Ho fatto tesoro di questo episodio e ho sempre risposto alle domande dei miei bambini sulla sessualità fin da piccoli.”
“Ricordo la mia insegnante di lettere, piccola con occhi verdi e capelli lunghi, io avevo 14 anni quando un giorno mi ha detto: “quelli che piangono sono più forti di quelli che non piangono, perché è come saper dare l’arma agli altri per entrare nel tuo castello.”
Sono state quelle parole che poi mi hanno permesso di lasciare andare le emozioni che trattenevo e sono scoppiata in un pianto, che è stato d’aiuto.”
“Purtroppo essendo diventata orfana molto presto, non ho ricevuto “consigli” su come crescere un figlio.
Nonostante il poco tempo passato insieme a mia madre, lei mi ha sempre dato raccomandazioni ben precise, come ad esempio:
- Ringrazia Dio per quello che hai ricevuto
- Porta sempre rispetto ai tuoi amici e nemici
Come madre ho sempre cercato di insegnare a mia figlia l’educazione, la fede e i veri valori della vita. Come è normale che sia alcune volte capita di litigare, a quel punto io alzo la voce e con lo sguardo le faccio capire dove ha sbagliato.
È sempre mia figlia a stuzzicarmi e a fare il primo passo per riconciliarci.”
“A quel tempo ognuno scriveva tante pagine nello svolgere il tema assegnato, come se la lunghezza del testo fosse ciò che garantiva l’averlo svolto al meglio e tra noi compagni di classe ci dicevamo, io tre pagine, io quattro pagine, io sei pagine. Ricordo quando quel giorno l’insegnante mi ha fatto leggere il mio tema, molto lungo, davanti a tutta la classe e mi chiedevo chissà perché lo ha scelto? Forse sono stava brava!!
Poi ha chiesto ai compagni “cosa ne pensate e come lo trovate?” e nessuno aveva il coraggio di dire niente di che …a parte è bello, molto interessante ecc… sino a che un mio compagno disse: “è iniziato bene ma poi è andato fuori tema” e io sono arrossita.
Poi l’insegnante ha aggiunto: “sono le persone troppo intelligenti che a volte da una cosa ne aggiungono un’altra, e poi un’altra e potrebbero andare così sino all’infinito. Solo che è importante ricordarsi che il tema da svolgere è proprio quello specifico”.
“Quando la penso ancora oggi la stimo e la ringrazio.”
“Mia mamma mi aiutava e mi faceva capire che ogni problema si può risolvere, sapeva sorridere davanti a me anche quando non tutto era in regola, nascondeva i problemi degli adulti, non sentivo insulti o parole brutte.
Dalla mia mamma ho imparato che un bambino deve crescere in armonia, deve giocare ed essere felice perché poi quando sarà grande avrà tempo di conoscere anche le cose “brutte” della vita.
E così provo a fare anch’io con i miei figli; fino adesso è andata bene.”
“È stata lei a darmi la possibilità di studiare e di lottare. Ho imparato a contare su di me e a provare sempre. La mamma ci ha fatto capire che dobbiamo essere sempre uniti tra fratelli e sorelle, i forti legami in famiglia sono una forza di fronte a tutti i tipi di difficoltà della vita. Vorrei avere con i miei figli una relazione di fiducia, pace, serenità e tanto affetto!!”

“Meglio che la madre urla e il padre dà gli schiaffi!Si dice così in Grecia.Mia Mamma è cresciuta in campagna e ha una struttura diversa con più forza di mio papà che leggeva e studiava nella sua vita.Ricordo una volta volevo mangiare un pezzo di carne abbastanza grande per la mia bocca e ho messo un pezzo grosso tutto in bocca che si è fermato in gola e mi stavo soffocando, presa alla sprovvista… mia mamma mi ha dato uno schiaffo.Poi da grande ho provato a capire il comportamento del suo gesto, e ho detto che stava in panico e poi per tentare di salvarmi.”
“Io, mamma di due bambine, ho pochi ricordi di mia mamma, ma sono state diverse le cose che mi hanno segnata, la sua e la mia solitudine.
Dico della sua solitudine, perché me la ricordo una mamma sola ad affrontare le difficoltà di essere madre e padre insieme per i suoi 4 figli piccoli.
E la mia solitudine perché la vedevo poco, pochissimo, odiavo quando se ne andava a lavorare dalla mattina alla sera e la cosa mi rendeva molto triste.
Non è stata una madre affettuosa ma bensì “guerriera”.
“Se penso ad alcuni gesti di cura, vissuti come figlia, ho registrato nella mente e nel corpo due gesti in particolare compiuti da mia mamma che riproduco anche io.
Il primo gesto: durante i viaggi in macchina (lei alla guida, io al fianco) ad ogni fermata/frenata particolare o non prevista il suo braccio si allunga a “fermare” una mia probabile “caduta”.
Sento una forte protezione in questo semplice movimento.
Il secondo gesto: “mentre sto per uscire” (quindi nella mia entrata nel sociale) lo sguardo e le sue mani su di me che tolgono pelucchi dai maglioni, aggiustano un ciuffo di capelli, mettono dritta una borsa o una camicia poco “ordinata”.
“Già da piccola mia mamma mi ha insegnato l’educazione, la fede e a fare tutto da sole in autonomia.
All’età di 5 anni ricordo che mia mamma mi fece vedere come si lavano i piatti.
Allora siccome volevo aiutarla, preso lo sgabello mi misi ad aiutarla.
Mia mamma ha incominciato a farmi fare i lavori in casa da piccola, e diceva perché così da grande saprò fare tutto quando ne avrò bisogno.
Per questo la ringrazio!”
“Quando ero piccolina bastava che mi guardasse negli occhi e io indovinavo quello che mi voleva dire perché noi in Africa, alcuni, la nostra famiglia dà molta importanza al rispetto e all’educazione del bambino.
Ti do un esempio: se qualcuno parla con me e il bambino dice “non è vero”, a qualcuno più grande perché non puoi dire alla tua mamma “non è vero”, il rispetto è importante per l’educazione del bambino, io sono cresciuta così.
Ho incominciato a insegnare questo con la comunicazione, è molto importante, è quella la mia forza con i miei bambini”.