
Diana Penso
La didattica a distanza ormai è un’attività che è entrata nelle scuole e nelle case e probabilmente durerà a lungo, anche oltre l’emergenza virus.
Molti insegnanti questi giorni si sono immersi in questa “avventura”, sperimentando questa nuova pedagogia che potremmo definire didattica della vicinanza[1], della cura delle relazioni e dei legami con i bambini e le famiglie.
Possiamo definirla didattica della vicinanza perché è una pedagogia che si arricchisce di comportamenti di ascolto, attenzione e cura. Didattica della vicinanza vuol dire incoraggiamento; attenzione ai processi di apprendimento e di crescita; recupero della dimensione relazionale; accompagnamento e supporto emotivo.
Didattica della vicinanza è anche condivisione di strategie e materiali con i colleghi e le colleghe; è progettare ancora insieme, attraverso chat, mail; è disponibilità a rendere pubblici alcuni nuovi spunti didattici affinché altri ne possano fruire; è aderire a iniziative che ci interroghino sul senso pedagogico del nostro agire come persone di scuola.
Didattica della vicinanza è il coltivare le relazioni con le famiglie, cercando, per quanto possibile, di attivare un patto educativo e un filo comunicativo di senso tra noi e le famiglie.
Oggi insegnanti e educatrici stanno sperimentando una molteplicità di modalità per raggiungere i bambini e le loro famiglie: whatsapp per telefonate, videochiamate e chat sia tra docenti sia con gruppi di bambini o di sezione, Skype, pagine Facebook della scuola, e-mail, sito dell’istituto, Istagram, Zoom, Google Drive… Molte piattaforme, molti siti si sono riempiti di video, proposte didattiche, alcune significative e dotate di senso, altri invece sono stati invasi da schede da colorare, lavoretti, tutorial dove si spiega come in un qualsiasi ricettario, ad esempio, come si fa la pasta di sale… Queste indicazioni, in realtà non rispondono ai bisogni di relazioni, di apprendimento e di protagonismo dei bambini, poiché sono basate sull’esecuzione passiva, pongono in primo piano l’insegnante e utilizzano una pratica essenzialmente trasmissiva.
Nel marzo del 2020 il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato una Guida alla didattica a distanza e nella parte riservata alla scuola dell’infanzia, suggerisce: “A questo proposito, si consiglia di evitare l’uso di schede, che, oltre ad essere decontestualizzate, rischiano di essere prevalentemente riproduttive, senza generare processi significativi di apprendimento e richiedendo stampe o fotocopie che le famiglie spesso non sono in grado di sopportare.”
Naturalmente alcuni tutorial possono essere utilissimi per aiutare le famiglie e i bambini a sperimentare nuove attività, ma credo sia importante ricordare il senso, il significato e gli obiettivi della didattica a distanza.
Nel caso dei bambini piccoli, le attività educative si realizzano prevalentemente attraverso momenti di cura, di relazione, di apprendimento, di esplorazione e gioco, e dunque la didattica a distanza dovrà essere organizzata attraverso semplici forme di contatto a distanza.
In particolare si dovranno favorire la relazione educativa, l’ascolto e la cura che costituiscono e rimangono le modalità per restare in contatto con i bambini e con le quali fornire alle famiglie suggerimenti e indicazioni sulle possibili attività da svolgere.
La didattica a distanza non può sostituirsi alla relazione educativa che è fondamentale in questa fascia d’età e inoltre essa non può costituire una forzatura educativa – didattica in un momento nel quale i bisogni primari e di sicurezza sono destabilizzati.
La stessa Guida alla didattica a distanza del MIUR sottolinea la necessità di mantenere la relazione didattica con i bambini al fine di “mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combattendo il rischio di isolamento e di demotivazione, mentre dall’altro lato, è essenziale per non interrompere il percorso di apprendimento” (Ministero dell’Istruzione, sezione news del 17 marzo 2020)
E continua rilevando che: è importante un agire responsabile e orientato alla cautela, alla delicatezza, all’ascolto, nel rispetto della condizione di fragilità e di disorientamento che ci accompagna in questi giorni.
Uno sfondo pedagogico per la didattica della vicinanza
Non appena diffusa la notizia della sospensione delle attività didattiche in aula a scuola si sono moltiplicate le iniziative sul web.
Si è pensato che con le tecnologie disponibili, fosse agevole fare scuola distanza e replicare “a distanza” quanto si fa abitualmente in aula: insegnare, imparare, valutare. In realtà dobbiamo tenere conto del senso delle attività da proporre a bambini piccoli e lo sfondo pedagogico attorno al quale proporre le nostre attività.
Nella consapevolezza che nulla può sostituire ciò che avviene, in presenza, in una classe, si tratta pur sempre di realizzare a un “ambiente di apprendimento”, per quanto inconsueto nella percezione e nell’esperienza comuni, da creare, alimentare, abitare, rimodulare di volta in volta. (Nota Ministero dell’Istruzione n. 388 del 17 marzo 2020)
1 Innanzitutto l’atteggiamento da tenere con i nostri bambini e con le famiglie è un atteggiamento di cura e di ascolto. C’è bisogno di adottare ancora il paradigma della cura, quella che permette di occuparsi di sé, degli altri e del mondo, che in questo caso si concretizza nel continuare a mantenere un “filo relazionale” con i bambini e le bambine che sono a casa, in un momento non semplice per tutti e tutte noi.
C’è bisogno di ascolto. Secondo la pedagogia dell’ascolto, l’insegnamento si costruisce innanzitutto attraverso lo stabilirsi di un rapporto e di una relazione educativa: si apprende attraverso un incontro, fatto di affettività, emozioni, empatia, che consentirà in seguito a bambini e adulti di avviare un percorso di crescita e di sviluppo. C’è bisogno di ascoltare i bambini, le loro emozioni, paure, sogni, idee e convinzioni.
Sappiamo che non possiamo avere un contatto con i nostri bambini, ma attraverso la didattica a distanza, i piccoli ci possono vedere, possono sentire di essere presenti nello sguardo della maestra e dell’educatrice, di essere pensati. I bambini possono ascoltarci, sentire i toni empatici della nostra voce, riconoscerla, ricordarla, insieme a quella dei loro compagni. La relazione c’è, non si è rotta, non si è spezzata, e presto riprenderà, anche con contatti diretti.
Possiamo fare sentire ai bambini che ci siamo; rompere la solitudine, l’isolamento nel quale si possono trovare, superare la mancanza della relazione con l’educatrice, con la maestra.
I bambini possono essere incoraggiati a esprimersi in maniera spontanea, dando voce ai loro tanti perché, ai propri dubbi, alle difficoltà, alle paure, alle ansie.
2 Un altro aspetto al quale dobbiamo fare riferimento è il fatto di conservare vivo il sentimento di appartenenza alla comunità scolastica e la necessità dello stare insieme, del condividere, del sentirsi parte di una comunità.
In questo momento di forzata separazione, è necessario mantenere vivo il sentimento del condividere, del sentirsi parte, usando nuovi strumenti e nuove strategie ma tenendo sempre presente la fondamentale importanza che, nel processo educativo, ricopre la relazione.
Tenere il filo di una continuità relazionale ed esperienziale è possibile; è importante che il lavoro fatto in precedenza a scuola non sia disperso e possiamo aiutare i bambini ad affrontare i cambiamenti con delicatezza, mantenendo alcuni punti di riferimento. La continuità col percorso di scuola è una questione ancora aperta, sulla quale ci confronteremo, se dovremo restare ancora a lungo lontani da scuola.
In tempo di assenza dei corpi, le parole e gli sguardi che ci rivolgiamo, hanno un corpo e un peso che in qualche modo entrano nei nostri corpi e ci fanno superare quel senso di isolamento che non appartiene solo ai bambini, ma fa parte anche di noi.
3 la collaborazione dei genitori. Da sempre la ricerca di una collaborazione con le famiglie e con i genitori, è stata una prerogativa dei nidi e delle scuole dell’infanzia. L’educazione dei piccoli infatti è strettamente intrecciata con le relazioni familiari, con i modelli di vita e di comportamenti, appresi in famiglia.
Già prima del corona virus, le relazioni con le famiglie si costruivano attraverso gli incontri al mattino, gli abbracci dei bambini condivisi, le riunioni di classe e di sezione, i laboratori partecipati…Oggi ancora di più c’è da stringere un patto educativo, un’alleanza educativa con le famiglie per condividere le strategie di un progetto di didattica a distanza.
Non possiamo immaginare di lasciare un bambino solo davanti allo schermo, ad ascoltare i consigli dell’insegnante o dell’educatrice. C’è bisogno di qualcuno che ascolti, raccolga e rilanci le proposte di attività.
In talune situazioni, occorrerà entrare “in punta dei piedi” nelle famiglie e nelle case, ponendoci in profondo ascolto, pronti a cogliere aperture o disponibilità; in altre potrà bastare un cenno, una telefonata, un “whatsapp” ai genitori per riprendere un dialogo che attende solo di essere ripreso. In qualche caso probabilmente, non riusciremo a trovare risposta, nonostante i tentativi.
Non tutti i genitori hanno i mezzi o sanno usare le tecnologie, non tutti sono raggiungibili.
In generale però, proprio in questo periodo, ci accorgiamo che c’è un cambiamento nelle relazioni scuola-famiglia, una possibilità per docenti e educatori di farsi conoscere meglio e riconoscere nel proprio ruolo, trovando comunanza e unione con i genitori. Allora la didattica a distanza sarà un’occasione per dare continuità all’azione educativa e di portarla nelle case; dare continuità all’esperienza di scuola come luogo d’incontro, partecipazione, attenzione e ascolto; sperimentare nuove forme d’incontro tra scuola e famiglia.
[1] Iosa, R., “Il coronavirus, la didattica di legame e noi comunità”, Scuola dell’infanzia n.8/2020, Giunti Editore.