
Enea Nottoli
Il percorso della Slovenia nel contesto dell’infanzia dalla caduta del regime comunista ad oggi.
La Slovenia nell’ultimi trentennio ha subito cambiamenti storico-politico-sociali molti importanti, che soprattutto nel Novecento ha avuto i suoi sviluppi maggiori. Fino al 1918 la Slovenia è stata sotto l’Impero austro-ungarico ma, dopo la Prima Guerra Mondiale una parte consistente entra a far parte del neonato stato della Jugoslavia, mentre l’altra, valle dell’Isonzo, Idria, Postumia, parte carsico-istriana entra a far parte del Regno d’Italia.
Nel 1941 si dissolve la Jugoslavia e la Slovenia viene divisa tra Italia (creazione della Provincia di Lubiana), Germania e Ungheria. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1947, diventa repubblica federata alla Jugoslavia socialista ottenendo buona parte delle terre italiane conquistate dalla formazioni slavo-comuniste di Tito. Nel 1954 con la soppressione del Territorio libero di Trieste, la Slovenia jugoslava annette la porzione settentrionale della Zona B (Capodistria e suoi dintorni).
Il 25 giugno 1991 la Slovenia dichiara l’indipendenza e vince la successiva Guerra dei dieci giorni, riuscendo così ad ottenere il riconoscimento della propria sovranità. Il Paese riuscì a non essere coinvolto nella Guerra civile jugoslava. Nel 2004 entra a far parte dell’Unione Europea e della NATO, nel 2007 adotta l’euro come propria moneta.
È indubbio che il percorso educativo abbia risentito di questi elementi storici, che hanno influenzato non solo le metodologie, ma soprattutto le documentazioni. Sono proprio i documenti programmatici ad aprire questa rassegna sulla Slovenia, perché attraverso la loro evoluzioni e le successive modifiche, si possono cogliere gli aspetti decisivi del cambiamento.
Documenti programmatici
Prima degli anni Novanta i “Programmi educativi per l’assistenza e l’educazione dei bambini in età prescolare” si basavano su concetti biologistici e normativi dell’infanzia. Si distinguevano in base ogli obiettivi e ai contenuti per i neonati e i bambini della prima infanzia e agli obiettivi e ai contenuti dei bambini in età prescolare più grandi. I documenti si basavano su:
comprensione lineare dello sviluppo del bambino;
ruolo dominante degli educatori nella definizione della vita dei bambini nei servizi prescolari;
trasmissione del modello educativo;
struttura prestabilita dei processi educativi e di assistenza;
approccio incentrato sull’insegnante;
divisione della vita dei bambini nei servizi prescolari in attività, in base ai loro desideri e a quelli pianificati intenzionalmente dall’insegnante conformemente agli obiettivi stabiliti.
Un approccio decisamente adulto-centrico, dove il tutto uguale sostituiva in modo sistematico l’individualità. Fondamentalmente i programmi erano basati sulla routine, con gli insegnanti che applicavano un livello comunicativo unidirezionale: apprendimento nelle forme più semplici; stesse attività di gruppo; stesso contenuto; stessi metodi per tutti i bambini.
Un vero e proprio cambiamento a questo tipo di approccio lo si può trovare a partire dall’indipendenza della Slovenia, tanto che solo nel 1999 è stato introdotto un curriculum che ha stabilito obiettivi e principi più ampi per l’educazione della prima infanzia: il bambino è definito un “partecipante attivo” passando così ad una concezione bambino-centrica, in cui acquisisce nuove abilità e conoscenze attraverso l’esplorazione diretta e non attraverso l’insegnante. Il nuovo curricolo è caratterizzato da:
una comprensione moderna dell’infanzia e dell’educazione;
l’equilibrio di tutti gli aspetti dello sviluppo;
la concezione dell’apprendimento come sviluppo delle abilità e delle potenzialità;
la costruzione della conoscenza.
Il curricolo prescolare rappresenta gli obiettivi, i principi per l’implementazione degli obiettivi, la conoscenza basilare dello sviluppo del bambino, dell’apprendimento nell’età prescolare, obiettivi generali e sotto-obiettivi da essi derivati per sei aree principali di apprendimento (l’esercizio fisico, il linguaggio, l’arte, la società, lo studio della natura e la matematica). In questa ottica gli obiettivi principali che tale curricolo persegue sono:
curricolo più ampio e flessibile nei vari programmi per i bambini in età prescolare;
ampia gamma di offerte diversificate in tutte le aree di attività nei servizi prescolari;
offerta più bilanciata di diversi ambiti di attività;
consentire una maggiore individualità, diversità e scelte rispetto alla routine del gruppo;
maggiore espressione e consapevolezza della diversità nei gruppi;
rispetto della privacy e dell’intimità dei bambini;
migliorare le interazioni tra bambini e bambini/bambini e adulti;
rielaborazione del “tempo” nei servizi prescolari;
riorganizzazione degli spazi nei servizi prescolari;
maggiore autonomia sia dei servizi che del personale;
maggior importanza al ruolo della valutazione;
maggior informazione e collaborazione con le famiglie.
Il percorso prescolare ha una serie di obiettivi principali che servono al raggiungimento degli scopi primari tra cui lo sviluppo e l’apprendimento, le attività giornaliere, le relazioni sia tra bambini che fra adulti e bambini, lo sviluppo dello spazio e la collaborazione con i genitori. Movimento, linguaggio, arte, società, natura e matematica sono poi indicati come obiettivi specifici nei bambini della prima fascia d’età e per quelli della seconda fascia. Anche il gioco rappresenta un momento fondamentale inserendosi al centro dello sviluppo del bambino sempre nella fase prescolae. In questo percorso gli adulti hanno si un ruolo guida, sono dei modelli piacevoli e amichevoli per la comunicazione, ma al centro continua a rimanere sempre la figura del bambino.
Il curricolo Prescolare Nazionale, approvato dal Consiglio degli Esperti per l’Istruzione Generale è stato approvato nel marzo del 1999 ed è continuamente implementato, basandosi su principi fondamentali, alcuni dei quali sono qui sotto riportati, almeno i più importanti:
democrazia e pluralismo;
rispetto delle diversità fra i bambini e multiculturalismo; scelta e diversità;
validità professionale del curricolo;
integrazione orizzontale; continuità;
collaborazione con i genitori, con le comunità locali;
formazione professionale del personale;
valutazione critica.
Il sistema educativo prescolare in Slovenia
Il sistema prescolare sloveno si rivolge ai bambini dagli 11 mesi ai sei anni, quando cioè comincia l’istruzione obbligatoria, mentre questa prima fase non lo è. Le strutture pubbliche rappresentano la maggioranza, anche se negli ultimi anni il sistema privato è cresciuto molto. Le famiglie hanno un’ampia scelta e soprattutto libertà di scelta: tempo pieno, mezza giornata, part-time, strutture pubbliche o private, programmi differenziati. A sostenere i servizi prescolari sono i comuni e i bambini sono divisi, fondamentalmente in due gruppi di età: 1-3 anni; dai 3 anni fino all’età della scuola dell’obbligo.
Il numero degli stessi varia a seconda che i gruppi siano omogenei, eterogenei o misti. Nel primo caso si possono avere un massimo di 12 bambini, nel secondo un massimo di 10 bambini, mentre un gruppo misto può avere al massimo 17 bambini. La compresenza degli educatori varie dalle 6 ore nei gruppi 1-3, alle 4 nei gruppi 4-6; durante il riposo non è necessaria compresenza, quindi rimane un solo educatore nella stanza.
La struttura istituzionale interna prevede diverse figure con a capo il Direttore; subito dopo viene l’insegnante con l’assistente. Sono presenti consulenti oltre ad addetti al programma di igiene, cultura medica, sanitaria e nutrizionale.
Le problematiche sulla continuità sono emerse sin da subito durante la ristrutturazione del sistema prescolare, in quanto mancava ogni tipo di rapporto diretto tra le strutture prescolari e scolari. Ancora oggi, nonostante gli sforzi compiuti manca una reale continuità, infatti sono presenti solo passaggi sporadici ed individuali tra servizio e servizio oltre agli incontri genitori tra genitori e insegnanti del servizio primario. Anche le visite dei bambini ai servizi scolari sono molto limitate.
Il dato di iscrizione ai kindergarten è molto positivo e in costante crescita, anche se non più come nel passato: oggi il 76,8% di tutti i bambini di età compresa fra 1 e 5 anni frequenta i servizi. Purtroppo continuano ad esserci problemi con le minoranze etniche presenti sul territorio, in particolar modo con la comunità Rom; spesso i bambini non frequentano i servizi prescolari.
Il rapporto con i genitori è stato fortemente implementato in questi anni, arrivando a individuare tre forme principali di collaborazione: forme di collaborazione formale (incontri, riunioni, materiale scritto, bacheche, comitati, lezioni, eventi); forme di collaborazione informale (comunicazioni dirette, discussioni, pic-nic, gite/escursioni, workshop); coinvolgimento dei genitori nei processi educativi (partecipazione programma educativo, valutazione curricolo, risoluzione problemi).
Conclusioni
Il processo intrapreso dalla Slovenia è sicuramente importante e ricco di fascino ma anche di difficoltà. La strada percorsa è molta così come quella ancora da percorrere, ma alla basa esiste la consapevolezza del voler cambiare e soprattutto del voler mettere il bambino al centro del proprio interesse. Tale obiettivo è rafforzato anche dai propositi sul curricolo futuro, in cui ancor di più si interverrà per servire meglio il bambino e la propria famiglia aumentando la qualità dei servizi; per far ciò è indubbio che sarà necessario investire sugli educatori/insegnanti e su tutti quegli attori che permettono al mondo della prima infanzia di poter progredire.
La qualità del processo educativo dovrà essere definita e studiata all’interno del processo educativo stesso, usufruendo dell’appoggio attivo dei ricercatori e degli esperti in grado di aiutare gli educatori in un percorso di nuove conoscenze e pratiche.
Il tutto deve avvenire nella prospettiva di sviluppo e benessere del bambino, dei bisogni delle famiglie e della comunità.