
Diana Penso
Curriculum in latino significa corso, strada ma anche cocchio, ovvero mezzo su cui intraprendere un viaggio. Già nell’etimologia della parola il curricolo ci rivela il suo più originale significato, quello di itinerario, di percorso.
Il curricolo investe i problemi dell’organizzazione delle conoscenze e attraversa vari piani dell’esperienza scolastica: dagli obiettivi cognitivi (teorie dell’apprendimento, strategie dell’istruzione) ai contenuti culturali (il sapere scolastico e la sua distribuzione disciplinare); dalle metodologie dell’apprendimento alle tecniche di valutazione.
Il curricolo non è il programma ministeriale o un elenco di contenuti, ma l’offerta di saperi essenziali e particolari insieme, cioè validi per tutti, ma allo stesso tempo specifici per ogni bambino.
Il curricolo ha funzione didattica in quanto si tratta di un itinerario di insegnamenti progettati; ha funzione organizzativa in quanto percorso in ambienti predisposti, in ambienti di apprendimento organizzati, in tempi pensati, attraverso la costruzione di trame di saperi progettati; infine il curricolo ha un aspetto relazionale in quanto percorso di azioni svolte e realizzate insieme ad altri, non si tratta di un viaggio solitario, ma di un accompagnarsi reciproco.
Tornando alla metafora del viaggio, il curricolo è il programma che si adatta alla realtà della classe e di ciascuno dei suoi componenti (Penso, 2012).
E’ evidente la differenza che la logica del curricolo introduce rispetto ai programmi nazionali: il programma prescrive una lista di obiettivi e di contenuti definiti centralmente, a prescindere da ogni riferimento alle realtà locali, ad essi il docente deve riferirsi ed applicarli nel suo insegnamento. Anche il curricolo propone obiettivi e contenuti, compresi quelli definiti dal centro e prescrittivi, che garantiscono l’unitarietà del sistema nazionale, ma in essi trova spazio l’attenzione alla realtà sociale nella quale la scuola è inserita, la sua cultura, le specifiche esigenze rilevate nell’ascolto dei bisogni degli alunni e nel confronto con le richieste e le attese delle famiglie e del territorio.
Se, nel caso del programma, agli insegnanti si richiedeva di essere dei buoni esecutori di un testo elaborato altrove, nel caso invece del curricolo si chiede loro di essere co-elaboratori, protagonisti e responsabili delle scelte effettuate.
Il curricolo nella scuola dell’infanzia
Nella scuola dell’infanzia si fa riferimento al curricolo per la prima volta negli Orientamenti del ’91 laddove esso viene così definito: “L’indicazione dei criteri assunti, delle procedure impiegate, delle scelte responsabilmente effettuate e delle azioni intraprese determinano il curricolo, le cui caratteristiche sono pertanto costituite dalla specificità degli obiettivi, dei contenuti e dei metodi, dalla molteplicità delle sollecitazioni educative e dalla flessibilità nell’applicazione delle proposte programmatiche.”
Ma tale definizione non sempre è stata compresa da docenti e da Dirigenti e tradotta in azioni reali. Ancora oggi esistono diversità di vedute, contraddizioni, incertezze: cosa s’intende per curricolo ed è possibile parlare di curricolo per bambini della scuola dell’infanzia, quali sono le conoscenze fondamentali nella scuola dei più piccoli?
A volte il sapere dei piccoli viene ancora confuso col chiedere ai bambini acquisizione di saperi, in un processo di imitazione della scuola primaria (in particolare per l’ultimo anno della scuola dell’infanzia) in una logica di primine, di esercitazioni scolastiche, di compilazione di schede, a scapito delle relazioni e delle comunicazioni che diventano (al contrario di ciò che si dice e si scrive) distratte, affrettate, prive di interesse e di calore.
E allora in queste situazioni il curricolo viene frainteso con gli apprendimenti “formali” e strutturati e si costruiscono itinerari predeterminati che riproducono nelle forme e nei modelli, i curricoli della scuola elementare, alla ricerca di obiettivi, intesi come risultati da raggiungere …
Ma oggi le ricerche psicologiche e pedagogiche segnalano l’esigenza di studiare i processi d’appren#dimento, sia dei bambini che degli adulti, nella complessità delle situazioni.
Il modello di apprendimento al quale si fa riferimento suggerisce l’immagine della mente attivamente volta all’integrazione delle esperienze, cioè all’attribuzione di significati al mondo fisico, culturale e psicologico.
La contestualizzazione delle situazioni porta a considerare in nuova prospettiva anche la molteplicità di variabili che interagiscono nel processo di insegnamento/apprendimento (differenze, stili, interessi e motivazioni, emozioni). In questo senso la conoscenza, la costruzione del sapere non sono più interpretate come un accumulo passivo di informazioni, ma una ridefinizione di interpretazioni, da con#divisione e costruzione di nuovi significati (Bruner, 1997). 1
L’apprendimento dunque non si costruisce solo attraverso gli interventi diretti da parte dell’educatore, che pure tanta importanza hanno nella crescita e nello sviluppo dei bambini, ma passa anche in maniera indiretta, silenziosa e latente nella disposizione degli spazi, nei materiali, negli arredi, nei tempi, nei gesti, anche apparentemente privi di significato e di poco valore …
Curricolo implicito e curricolo esplicito
Nella scuola dell’infanzia, si potrebbe dire che sono co-presenti, due modelli allo stesso tempo antitetici e complementari.
Da una parte è individuabile una educazione formale, ossia un insieme di interventi a scopo formativo appositamente pensati, elaborati, strutturati #e messi in atto dagli insegnanti.
Si tratta di azioni mirate ad prefissato i quali, nel caso della scuola dell’infanzia, sono contenuti per lo più negli Orientamenti e nelle Indicazioni per il Curricolo (2012) e più precisamente nelle proposte contenute nei campi di esperienza.
Ci si riferisce insomma qui, fra tutte le possibili esperienze di crescita intellettiva e culturale del bambino durante tutto l’arco del suo sviluppo, a quegli apprendimenti specifici che, a differenza di tutti gli altri, hanno una caratteristica particolare: derivano da interventi che l’adulto intenzionalmente attiva ed appositamente predi#spone (per quanto attiene la loro organizzazione, la loro articolazione dei tempi, la scelta dei modi ecc.) che prende il nome di insegnamento.
Dall’altra parte è attiva nella pratica educativa quotidiana della scuola dell’infanzia anche l’educazione informale. Ad essa è dedicato gran parte del tempo ed è inserita nella vita quotidiana, ed è praticata di norma dagli adulti: non solo da genitori e insegnanti, ma anche da altre figure di adulti che sono in grado di incidere sulla esperienze dei bambini. L’educazione informale appare occasionale, non sembra appositamente pensata, si propone tendenzialmente come priva di una linea pedagogica esplicita. Il bambino apprende in questo caso osservando, imitando, aderendo ai modelli ed alle indicazioni (per lo più implicite) proposte dagli adulti o tra#smesse/suggerite dal contesto ambientale nel quale egli si trova.
Si può dire insomma, che accanto ad una “pedagogia esplicita, che muove da scelte consapevoli ed intenzionali, esiste una più estesa e “pedagogia” implicita che, pur difficilmente “governabile” e pianificabile, non è certamente ininfluente. Pro#prio come la cosiddetta “pedagogia esplicita” (che si configura come l’esito positivo di una adeguata programmazione didattica centrata sul modello curricolare) anche tale pedagogia implicita, proprio perché tanta influenza ha sulla formazione del bambino, può essere ottimizzata e può venire a fare parte a pieno titolo del piano curricolare (Borghi, 2003).
Il concetto di curricolo implicito, entrato nella letteratura pedagogica negli ultimi quindici anni, discende dall’idea di pedagogia indiretta e di pedagogia latente.
Quando si parla di “curricolo implicito” si fa riferimento al valore educativo che ha l’organizzazione degli spazi e dei tempi di una scuola. Se indichiamo con curricolo tutto ciò che concorre alla crescita e all’inserimento nel mondo di un bambino/ragazzo, possiamo affermare che il curricolo implicito è ciò che il bambino impara per il fatto stesso di vivere in un ambiente organizzato, mentre il curricolo esplicito riguarda quello che impara perché qualcuno glielo insegna in modo intenzionale.
Si tratta dunque di una pedagogia in quanto condiziona scelte, comportamenti, suggerisce e promuove azioni e esplorazioni, denominata poi implicita, perché non visibile, non espressa, trama impercettibile di una scuola.
Queste forme di apprendimento oggi prendono il nome di curricolo implicito.
L’interesse attuale per la pedagogia implicita
Da cosa nasce oggi questo interesse per una pedagogia implicita, indiretta?
- Da una parte le teorie socio-costruttiviste ci confermano che l’apprendimento avviene all’interno di un contesto (ecologicamente accogliente, secondo Brofenbrenner) attraverso una molteplicità dei modi di apprendere (stili cognitivi, intelligenze multiple, secondo Gardner) e che per essere sostenuti, essi hanno bisogno di spazi organizzati, tempi distesi, climi educativi positivi.
C’è una consapevolezza ormai acquisita che esiste una dimensione “sociale” della conoscenza: i bambini imparano continuamente in un ambiente costituito di spazi e di tempi, essi conoscono e sperimentano attraverso l’organizzazione, le interazioni tra adulti e bambini e tra bambini e bambini (Cerini, 2001).
S’impara in un ambiente sociale che è tale non soltanto perché avviene in una specifica situazione storica e culturale, ma anche perché s’impara con gli altri, gli adulti insegnanti, responsabili dei processi educativi e i pari che con le loro diverse caratteristiche, contribuiscono al riconoscimento delle proprie e delle identità degli altri.
Si apprende inoltre attraverso l’aiuto di strumenti, materiali (giochi strutturati e non, libri, quaderni, computer…) e simbolici (i diversi alfabeti della conoscenza) che consentono la progressiva appropriazione del patrimonio culturale della società in cui si vive…
- D’altra parte c’è bisogno forse di mitigare l’eccesso di “discipline” e di apprendimenti cognitivi ai quali i nostri bambini e ragazzi sono sottoposti, attraverso un’attenzione agli aspetti che favoriscono e promuovono l’apprendimento e quindi alle forme “nascoste” dell’educazione.
Per pedagogia implicita o indiretta si intende dunque: “una pedagogia implicita e irriflessa ma pur sempre influente sul comportamento degli individui in via di sviluppo che ne sono i destinatari, una pedagogia, iscritta nella disposizione degli ambienti e degli arredi, nelle modalità di gestione degli incontri e delle attività, nelle “norme” che regolano la vita collettiva (…) nelle routine, negli eventi e nelle situazioni che ritmano e scandiscono la quotidianità della vita scolastica che non solo ha ricadute sulla vita e la crescita degli alunni ma che anche contraddistingue, in maniera peculiare, ciascun ambiente educativo” (Bondioli, 2000).
Il bambino in questo caso apprende osservando, imitando, facendo riferimento ai modelli e alle indicazioni (per lo più implicite) proposte dagli adulti o tra#smesse/suggerite dal contesto ambientale nel quale egli si trova.
Per le scuole dei piccoli il curricolo implicito ha un’importanza fondamentale. Il bambino piccolo impara praticamente tutto quello che deve imparare vivendo in un ambiente. Molti educatori ed esperti di nido e di scuola dell’infanzia affermano che l’apprendimento del bambino da 0 a 3-4 anni è tutto essenzialmente implicito, cioè frutto di un “assorbimento” di comportamenti e modelli direttamente dal proprio contesto di vita. In questa prospettiva l’azione dell’educatore è principalmente quella di allestire un contesto ricco e significativo.
Ai tempi della didattica, si aggiungono i tempi della vita sociale della scuola: routines giornaliere, riunioni tra ragazzi e tra genitori, eventi e feste periodiche, laboratori e attività di arricchimento formativo di vario genere.
Si tratta di una pedagogia denominata implicita, in quanto pur costituendo la trama invisibile di una scuola, comunque condiziona scelte, comportamenti, suggerisce e promuove azioni e esplorazioni, una pedagogia che può essere definita anche latente.
Ne consegue che il concetto di educazione informale è più ricco e complesso di quanto non lasci supporre il senso comune e di quanto non possa apparire da un’ immagine tradizionale dell’educazione.
Le dimensioni del curricolo implicito
Ma da cosa è costituito il curricolo implicito? Quali sono le forme attraverso le quali esso si manifesta a scuola, in che modo influenza, modifica l’apprendimento e le relazioni?
“… Prive del contesto, le parole e le azioni non hanno nessun significato…” (Bateson, 2008).
Innanzitutto esso è costituito dagli spazi, dove si vive e si cresce e che parlano e raccontano la storia di una scuola, gli stili educativi, le scelte pedagogiche degli insegnanti; dai tempi e alla loro strutturazione che può essere più o meno affrettata o distesa e rispettosa dei ritmi dei bambini, dai materiali sia informali che strutturati da manipolare, esplorare ed ordinare; dalle routines, attività quotidiane che scandiscono il tempo di vita a scuola con regolarità e prevedibilità, eventi stabili e ricorrenti che nello scorrere della vita quotidiana, fatta di tante significative sequenze, restituiscono al bambino il senso della stabilità e della continuità (Restuccia Saitta, 2005) (entrare, uscire da scuola, mangiare, andare al bagno, fare merenda …).
L’insieme di questi aspetti costituisce una vera e propria “pedagogia latente”, implicita, la quale trasmette inevitabilmente un determinato modello educativo, più o meno coerente con quello dichiarato intenzionalmente (MIUR, 2007).
Spazi
Lo spazio della scuola è il luogo in cui avvengono i rapporti educativi, il contesto carico di significati affettivi, di connotazioni educative e formative, luogo degli affetti, dove ciò che conta è come ci si sente al suo interno, dove si sviluppano vissuti, memorie, affetti attraverso i quali il bambino sperimenta e costruisce la sua identità. Nello spazio si cresce e si educa.
L’ambiente, così come viene strutturato e organizzato parla, fa l’accoglienza, gli spazi spesso presentano la scuola, infatti è attraverso di essi che si comunicano implicitamente modi di stare, di muoversi e parlare con gli altri, di assumere abitudini e piccole regole di convivenza (Cervellati, 2003).
Il luogo nel quale i bambini vivono e lavorano, secondo com’è pensato e predisposto, promuove o meno l’apprendimento; gli spazi ben organizzati predispongono all’esplorazione, promuovono la curiosità, favoriscono la riflessione sull’esperienza …
Ad esempio una disposizione dei materiali che non consente ai bambini di utilizzarli liberamente, non potrà facilitare l’organizzazione spontanea e autonoma di giochi e attività.
Allo stesso modo, una strutturazione degli arredi poco flessibile, che non permette di modificarne la disposizione per una certa attività o per lavorare in piccoli gruppi, tenderà a offrire ai bambini contesti di apprendimento limitati e ripetitivi. Diventa difficile infatti immaginare che in un’aula predisposta in modo tradizionale e cioè con tavolini, cattedra, pochi giochi, fortemente strutturati, possano nascere esperienze significative.
La progettazione dell’ambiente è quindi un aspetto fondamentale dell’azione educativa dell’insegnante e deriva dalle scelte pedagogiche che l’insegnante compie per favorire l’approccio del bambino all’ambiente.
L’ambiente va organizzato in modo che i bambini possano esprimersi in modo attivo nelle strutture della sezione, d’intersezione, di laboratori, nei quali essi possano svolgere attività di movimento, esplorazione, manipolazione per organizzare ed elaborare le loro esperienze, dove anche i materiali didattici hanno una funzione e un significato.
Tempi
La percezione del tempo, il tempo esistenziale per i bambini, è ovviamente diverso da quello degli adulti, ed è tanto più dilatato quanto più il bambino è piccolo.
La scansione del tempo scolastico assume un valore significativo e costituisce una risorsa fondamentale rispetto alle esigenze di relazione e di apprendimento dei bambini. Le occasioni educative della giornata e della settimana, vanno suddivise in modo da garantire un alternarsi di proposte che richiedono una diversità d’impegno, tenendo conto del tempo che ogni bambino impiega per rispondere alle proposte educative.
Per i bambini il tempo può svolgere diverse funzioni: rassicurarli emotivamente, consentendo loro di prevedere la durata della permanenza a scuola e il momento del ritorno a casa; aiutarli a scandire i ritmi della partecipazione alle attività comunitarie, di gruppo e individuali che la scuola propone; condurli, infine, progressivamente a elaborare il concetto stesso di tempo in relazione ad oggetti, eventi, persone.
Per questi motivi è importante rispettare i tempi e i ritmi dell’apprendimento (tempi di attenzione e di stanchezza) e dell’esecuzione (caratteristiche caratteriali e fisiche) tenere conto anche delle diverse forme di esperienza temporale nel corso della giornata scolastica ( ingresso-uscita), avere cura di passare da momenti di forte coinvolgimento e partecipazione ad altri di intimità e di tranquillità.
Materiali
Strutturati o occasionali, naturali o organizzati, utilizzati in ogni attività e in ogni momento della giornata, nelle attività libere o guidate, mediatori tra il bambino e la realtà, i materiali costituiscono un ponte di collegamento tra il mondo interno del bambino, il suo pensiero, la sua fantasia e l’ambiente esterno, differenziato, complesso, molteplice.
Con la loro varietà essi offrono occasioni continue di esplorazione, di ricerca, di curiosità, di manipolazione; attivano processi di natura logica; permettono la conquista di una maggiore sicurezza e di una prima organizzazione delle conoscenze, ma anche capacità di riordino e classificazione.
Proprio come gli spazi, la tipologia dei materiali, la loro ricchezza per forma, qualità e quantità, la loro predisposizione, la sistemazione e la modalità di offerta, la possibilità o meno da parte dei bambini di poterli scegliere in modo autonomo, raccontano la pedagogia di una scuola, le scelte e i pensieri educativi degli insegnanti.
Attività di vita quotidiana e routines
“Il curricolo della scuola non coincide con la sola organizzazione delle attività didattiche che si realizzano nella sezione e nelle intersezioni, negli spazi esterni, nei laboratori, negli ambienti di vita co#mune, ma si esplica in un’equilibrata integrazione di momenti di cura, di relazione, di apprendimento, dove le stesse routine (l’ingresso, il pasto, la cura del corpo, il riposo, ecc.) svolgono una funzione di regolazione dei ritmi della giornata e si offrono come “base sicura” per nuove esperienze e nuove sollecitazioni. “(Indicazioni nazionali per il curricolo, 2012)
Le routines sono un insieme di compiti che fanno parte integrante del quadro della vita della scuola: le attività ricorrenti di vita quotidiana, sono azioni estremamente importanti perché accompagnano e sottolineano quello che si propone a scuo#la, creano un clima, trasmettono messaggi, influiscono sul comportamento dei bambini, delineano la coerenza educativa fra ciò che viene scrit#to nei documenti ufficiali e ciò che realmente la scuola è in grado di offrire, tenuto conto della sua complessità.
Se svolte con la necessaria “lentezza” del tempo dell’apprendimento, dell’incontro con l’altro, esse possono diventare tempi “preziosi” di sviluppo e di crescita, in quanto attraverso le routines il bambino: mette in atto comportamenti autonomi; acquista un tempo essenziale di calma per apprendere; socializza e si relaziona con altri; mette alla prova e dà espressione a competenze cognitive e relazionali, in situazioni “calde” e motivate; sviluppa la sua autonomia; consolida le sue abilità, anche attraverso comportamenti ed azioni abituali; coglie la “ripetitività” e la ciclicità degli eventi, che gli permetteranno la collocazione di sé e la strutturazione del tempo che passa e ritorna sempre …
Infatti è dalla ripetitività dei momenti che nasce il ricordo, l’impressione della memoria, la previsione di quello che sta per accadere e pertanto la sicurezza in se stesso, negli altri, le radici dell’apprendimento.
L’esperienza delle piccole cose, dei gesti quotidiani e delle routines, non fornisce solo conoscenze “pratiche”ma accrescono le abilità e le capacità, sviluppano ciò che noi chiamiamo intelligenza, articolano le “mappe concettuali” che si strutturano nella mente per consentire di “leggere” e reinterpretare il mondo.
La costruzione della conoscenza passa attraverso molte dimensioni, il mondo offre quotidianamente la possibilità di crescere e apprendere: nelle situazioni di “routine”, il bambino apprende soprattutto osservando, imitando, seguendo le indicazioni e i modelli proposti o tra#smessi dagli adulti e suggeriti dal contesto ambientale nel quale si trova.
I saperi nascosti del curricolo implicito
Una buona scuola deve tenere conto dunque degli aspetti formali e non formali dell’apprendimento.
In genere si è più preoccupati dell’insegnamento delle discipline e non ci si preoccupa di come avviene l’apprendimento, delle condizioni nelle quali esso si svolge, si sviluppa.
Ci sono aspetti della scuola in genere sottovalutati e ai quali non si attribuisce valore formativo, quasi che essi non incidano sull’educazione dei bambini. Come ci si rivolge ai bambini, come si sistemano gli arredi, come si dispongono gli oggetti, come si presentano materiali, come i bambini vi possano accedere …
E ci si sofferma sugli aspetti disciplinari, quasi che l’apprendimento possa avvenire solo attraverso la trasmissione di nozioni, contenuti. Eppure il disordine e la sciatteria con i quali in certe scuole si dispongono le cose, comunicano uno stile educativo. O la distrazione con la quale ci si rivolge ai bambini, la fretta con la quale si danno indicazioni, rivelano le idee e le scelte pedagogiche di alcuni insegnanti.
I bambini apprendono sempre. Non ci sono momenti “alti” della formazione e momenti meno importanti sul piano educativo. Porre attenzione al curricolo implicito, ai modi nei quali l’ambiente, le relazioni incidono sugli apprendimenti, può significare oggi rimettere al centro della riflessione pedagogica i modi e la qualità dell’apprendimento, porre attenzione alla progettazione di un ambiente favorevole, nel quale i bisogni fondamentali dell’infanzia siano ascoltati e rispettati.
Ogni insegnante dovrebbe essere consapevole che oltre le lezioni, le discipline e le nozioni esiste una pedagogia silenziosa e nascosta, che comunica ai nostri bambini e ragazzi stili e scelte di vita, e che insegna le regole fondamentali del vivere, convivere saper stare al mondo.
Una buona scuola si arricchisce attraverso l’integrazione tra curricolo esplicito e implicito, dove ciò che conta è come essi s’incontrano e s’intrecciano tra loro, come sono progettati, verificati, documentati…
Oggi l’importanza della pedagogia latente o implicita viene riconosciuta anche nei nuovi documenti rivolti alla scuola. Dalle “Indicazioni per il curricolo”
“… La scuola si deve costruire come luogo accogliente, coinvolgendo in questo compito gli studenti stessi. Sono infatti importanti le condizioni che favoriscono lo star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educativo condiviso” (Indicazioni per il curricolo, 2012).
Nella scuola dell’infanzia i percorsi non devono seguire un criterio cognitivista, preso a prestito da altri ordini di scuola, ma tenere conto dell’intreccio esistente tra legami affettivi e sviluppo cognitivo nell’apprendimento, tra i piccoli atti della vita quotidiana e i saperi formali, tra il già dato e l’imprevisto.
Attraverso il curricolo, la professionalità è dunque fortemente valorizzata e responsabilizzata, poiché tutta la comunità educativa è chiamata ad assumersi responsabilità progettuali, all’interno di una dimensione sociale di collaborazione, condivisione di scelte e di una idea di scuola. Il processo di costruzione del curricolo non si conclude una volta per tutte, ma si configura come ricerca continua, grazie all’azione dei docenti, professionisti riflessivi impegnati in un costante lavoro di analisi e di rielaborazione delle loro pratiche didattiche.
Bibliografia e sitografia
Bateson, G. (2008). Mente e cultura. Milano: Adelphi.
Bondioli, A., Ferrari, M. (2000). Manuale di valutazione del contesto. Milano: Franco Angeli.
Borghi, B. (2003). Crescere con i laboratori. Manuale di didattica dei laboratori nella scuola dell’infanzia. Bergamo: Edizioni Junior.
Bruner, J. (1997). La cultura dell’educazione. Milano: Feltrinelli.
Cerini, G. (2001). I curricoli della scuola di base. Napoli: Tecnodid Editrice.
Cervellati, M. (2003). L’abecedario dell’asilo nido. Milano: Marius.
M.I.U.R, (2007). I CARE, Area Studente, Integrazione, Partecipazione (Imparare Comunicare Agire in una Rete Educativa). http://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/prot1536_07.shtml
MIUR, (2012). Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione.
Penso D., ( 2012) Insegnare nella scuola dell’infanzia. Roma: Anicia.
Restuccia Saitta, L. (2005). I bambini la cura, in Anna Lia Galardini (Ed). Crescere al nido. Roma: Carocci.