Maria Novella De Luca
Musica, inglese e baby yoga: il successo dei corsi per under 6. Aumenta la richiesta di attività organizzate anche come antidoto all’invasione di tablet e tv.
Alcuni, i più precoci, iniziano già a un anno, la maggioranza invece si ritrova l’agenda piena appena varca la soglia della scuola materna. Inglese, danza, teatro, nuoto, yoga, tennis, arteterapia, letture di gruppo, E quando il super-bamhino torna a casa, dopo il nido bilingue e i1 corso di espressività corporea, ecco che gli implacabili genitori, invece di cedere a Peppa Pig o all’amatissimo Sponge-Bob, lanciano con i1 telecomando i tutorial di Baby Einstein o i safari del National Geographic. Perché nemmeno un attimo di quei primi mille giorni di vita, in cui l’intelligenza é al massimo della sua plasticità, vada sprecato, in un futuro dove si sa vinceranno soltanto i ragazzi migliori, i più preparati, multilingue, multitasking, multitutto.
Ritratto ironico dell’angoscia contemporanea di avere figli campioni. Sono almeno vent’anni che in Italia e nel mondo si discute sui vantaggi-svantaggi dell’iperstimolazione dei più piccoli, delle loro vite affollate di gare e competizioni. La differenza è che oggi1’età si è abbassata, 1’offerta si rivolge non più soltanto all’età scolare, ma addirittura ai primi nove mesi di vita, nell’ansia che i1 tempo vuoto diventi perduto. L’inglese, in testa alle attività extrascolastiche, ormai viene proposto a un anno, la musica é “in fasce”, i1 nuoto a tre mesi per non fare dimenticare al bebé la sensazione del liquido amniotico. Con il metodo Kids&Us ad esempio, lanciato nel 2003 da una linguista spagnola, l’inglese inizia a nove mesi. “Di anno in anno l’età si abbassa, ogni stagione cresce il numero dei piccolissimi iscritti da noi – spiega Claudia Torrisi che ha importato in Italia il metodo — il 20% dei bambini nelle nostre scuole ha meno di tre anni, il 39% va dai quattro ai sette anni. Nel nostro approccio, ossia l’apprendimento naturale della lingua attraverso l’ascolto, prima si inizia meglio è. Perché la mente è plastica e il percorso lento, ma i nostri allievi si ritrovano a 18 anni con una conoscenza reale e profonda dell’inglese”.
Le lingue dunque. Ma anche la musica in culla per sensibilizzare l’orecchio, la danza classica per bambine dai 3 anni, i corsi di cucina, i gruppi di ascolto delle fiabe, il boom dello yoga. “L’offerta é enorme, ma dietro c’e un business spregiudicato, molti di questi corsi costano tanto e valgono poco. Per quanto mi riguarda – racconta Raffaella, due figlie di 3 e 5 anni e la voce esausta delle mamme che corrono tutto il giorno – quando esco dal lavoro e riprendo le bambine alla materna, torniamo a casa o andiamo al parco. Prima facevano entrambe un sacco di attività, ma non ci vedevamo mai ed eravamo tutti stressati. Adesso la maggiore fa solo danza il sabato mattina, la piccola va semplicemente all’asilo per otto ore. Per l’inglese o la scherma c’é tempo, questi anni di gioco invece non glieli restituirà nessuno”.
Raffaella insomma, nell’ormai antropologica divisione tra le mamme-tigri e le più rilassate mamme-panda, ha scelto di appartenere alle seconde. Ma il punto è chiedersi quale ansia degli adulti ci sia dietro alle giornate “inscatolate” dei bambini di oggi. E quanto davvero studiare cinese all’asilo faccia diventare adulti di successo, o al contrario adolescenti schiacciati dalle aspettative dei genitori.
Lorena Milano, che coordina “Il Melograno”, famoso centro romano di informazione su nascita e maternità, spiega che è vero, la richiesta di “tempo organizzato” c’è, in un ritmo di vita che spesso stressa i bambini, ma dove è anche necessario riempire assenze che altrimenti sarebbero colmate da tablet e televisione. “Per questo abbiano strutturato i nostri corsi come momenti di pausa nella rincorsa quotidiana, un luogo di contatto tra mamme, papà e bambini, ma anche tra gli adulti stessi. Sempre di pin infatti ci rendiamo conto di quanto le famiglie si sentano isolate in casa”. Al Melograno, aggiunge, “la prestazione resta fuori. Da noi non ci sono diplomi o attestati, i laboratori sviluppano sicuramente delle capacità ma ancor di più la relazione, genitori e figli partecipano insieme e in ogni caso suggeriamo di non fare più di un’attività a settimana, soprattutto per i piccolissimi”. Non è sempre così però. E basta affacciarsi alle prime gare di nuoto o nei campetti del calcio-baby per piombare in piena competizione.
ll rischio infatti é che l’iperstimolazione si trasformi in un boomerang per i bambini. Che finiscono per aver bisogno di essere calmati con altre attività, ad esempio lo yoga: un vero boom tra i corsi extrascolastici.
Gianni Zollo, barese, e uno dei creatori del metodo ”Balyayoga”, meditazione e movimento per i piccoli. “Lavoriam0 da oltre 15 anni, ma le richieste aumentano. Sempre pm genitori ci chiedono di tranquillizzare i loro figli con lo yoga, sempre più le scuole ci chiamano quando hanno classi difficili. Ma il paradosso é che i bambini sono stressati proprio perché sottoposti a richieste continue. Catturare la loro attenzione, portarli a meditare anche per pochi minuti é difficilissimo, ci si può arrivare soltanto con il gioco e tanta pazienza. Ma le soddisfazioni ci sono. Ad esempio un allievo molto ansioso e iperattivo mi ha confidato: “Maestro, ero sul campo di basket e avevo paura, ma prima di lanciare mi sono concentrato, ho preso un lungo respiro come ho imparato a yoga e ho fatto canestro”.
“Giusto stimolare la creatività senza affollare le loro giornate”
“Il mercato dell’Educazione oggi é una nuova frontiera del business. Dalle università agli asili nido. Si sa che le famiglie farebbero qualunque cosa per offrire le migliori opportunità ai figli fin da piccolissimi e su questa ”ansia di future” dei genitori si é inserito un mercato aggressivo, che offre corsi di qualunque tipo. Alcuni sono utili, altri no, ma come sempre quando si tratta di bambini la parola chiave é equilibrio”. Susanna Mantovani, docente di Pedagogia all’università Bicocca di Milano, all’infanzia e ai più piccoli ha dedicato gran parte dei suoi studi.
Professoressa, oggi già al nido studiano inglese e fanno danza. Non le sembra presto?
“Forse per la danza sì ma per le lingue no, sappiamo che da piccoli é molto più facile impararle. Anche la musica nella prima infanzia può avere un ruolo positivo. Però si deve scegliere. Non farsi sedurre dal mercato che promette figli geni. Anche perché affollare di cose la vita dei bambini è addirittura controproducente”.
Ma si diventa più intelligenti se si viene così stimolati fin dalla nascita?
“In realtà non é stato dimostrato. Sappiamo però – ad esempio che i bimbi che frequentano il nido sono più autonomi e socievoli”.
Spesso i genitori scelgono tutte queste attività come “antidoto” alla solitudine dentro casa tra tablet e playstation…
“È vero, lo vedo con le mamme che lavorano e hanno orari lunghi. Si sentono più sicure se i figli sono in un luogo organizzato e “creativo” piuttosto che soli in casa con la baby sitter. E credo che abbiano ragione. O quantomeno capisco la loro ansia”.
E il rischio stress?Al tempo organizzato non sarebbe meglio sostituire i1 parco, il vuoto, anche un po’ di noia?
“Ci vuole equilibrio. Bisogna lasciar respirare i bambini. Insomma, un’attività si, dieci corsi no”.
Repubblica, 23 ottobre 2017