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Che cosa è cambiato socialmente

Enea Nottoli

Redattore e formatore RILA


Insegnare dieci anni fa quando sono entrato nel mondo della scuola era sicuramente diverso rispetto ad oggi. Gli avvenimenti storici, economici e sociali che si sono susseguiti sono stati molteplici e, sicuramente fortemente impressivi.

Avere a che fare con un bambino partendo dal servizio della prima infanzia fino alla scuola superiore di secondo grado, vuol dire prendersi in carico un gruppo familiare ed una serie di problematiche importanti e, in alcuni casi anche nuove.

La società che accompagna le famiglie nel percorso di crescita è in continuo movimento, un elemento di disgregamento e disgregazione che tende ad isolare i singoli elementi, non solo all’interno della società ma anche all’interno della famiglia stessa. Assistiamo all’innalzamento di barriere interne molto resistenti e difficilmente valicabili, che in alcuni casi precludono ogni possibilità di dialogo e confronto.

La parola e la capacità di confrontarsi, oggi, sono messi fortemente in discussione, con il rischio di non comprendere più nemmeno il più semplice degli enunciati. Famiglie ed istituzioni scolastiche spesso non riescono a dialogare in modo univoco sullo stesso argomento, proponendo messaggi incomprensibilmente comprensibili.

Analizziamo lo stesso problema, cerchiamo di affrontare le stesse problematiche, ma evidentemente abbiamo punti di contatto troppo lontani, aspettative diverse che cambiano a seconda dell’angolazione con cui guardiamo il soggetto del nostro interesse, oramai trasformato nell’oggetto delle nostre attenzioni.

Oggi la società ci propina una nuova tipologia di bambino, sempre al centro dell’attenzione mediatica, super competente e impegnato a trecentosessanta gradi in ogni attività, così automaticamente le aspettative delle famiglie cambiano, si modificano ma soprattutto si ampliano a dismisura. L’insuccesso non è concepito, la normalità è divenuta anormalità, l’obiettivo massimo è il minimo sindacale.

Protagonista sempre più di un mondo che non gli appartiene, il bambino si trova proiettato in un ambiente, quello scolastico ancora regolato da elementi che creano una discontinuità evidente con la società esterna. Ecco allora che nel rapporto educatore-bambino-famiglia intervengono fattori estranei e che spesso entrano in contrasto tra loro.

L’educatore/insegnante deve tenere conto di tutti questi elementi, senza poterne prescindere altrimenti rischia di parlare un linguaggio incomprensibile e di entrare in contrasto con il proprio oggetto di riferimento, la famiglia ma non quella classica, oramai superata dagli eventi socio-economici, ma quella formata dal bambino/adolescente e la sua corte.

Siamo di fronte ad un bambino 2.0 o probabilmente ad uno 3.0, con conseguenze positive e negative sul suo sviluppo. La scuola, i servizi educativi ed il personale che vi opera all’interno, sembrano non in grado di sostenere questi mutamenti in quanto risultano essere al di fuori di questi cambiamenti: sia che si veda tutto positivo o tutto negativo, la sensazione è che non si riescano ad inquadrare i giusti problemi all’interno di una società sempre più liquida e magmatica.

Il dover giustificare ogni intervento ed ogni decisione è di per sé obbligatorio e motivante per chi la riceve, ma altresì prevede un bagaglio di risposte importanti alle quali la società di oggi non sembra voler attingere. Ciò che facevamo dieci anni fa, ciò che dicevamo cinque anni fa e ciò che proponevamo un anno fa oggi non è più attuale ed è proprio con questa realtà, che l’educatore/insegnante deve cominciare a dialogare strettamente. Recepire il messaggio del tutto in divenire, dell’abbattimento delle routine e del superamento della consuetudine.

Insegnare vuol dire creare e non riempire un contenitore vuoto; make e non learn questa è la nuova frontiera che attende il docente che si troverà di fronte un discente con il quale creare, prima di tutto, un cittadino in grado di essere autonomo, di prendere decisioni personali nette e chiare.

Ecco, questa è la nuova sfida, passo che indubbiamente va a scontrarsi con quelli che sono i dettami scolastici e le aspettative delle famiglie. Rimettere in gioco le proprie conoscenze, le proprie competenze, rinunciando alle proprie sicurezze per sfidare ogni giorno l’imprevedibilità della richiesta.

Questa è indubbiamente una sfida affascinante ma che parte proprio dal mettere in discussione noi stessi, la nostra figura di discenti, di entrare in contrasto con colleghi, dirigenti ed anche famiglie; fare questo vorrà dire aiutare nel percorso i propri discenti, ma allo stesso tempo caricarci di nuove e più pesanti responsabilità.

La società di oggi è cannibale, portata alla distruzione di tutto quello che gli si frappone davanti come ostacolo, pronta a rimpiazzare ogni giorno persone ed idee; la sfida dell’educatore/insegnante è quello di capire e rielaborare i continui messaggi che gli vengono proposti per poi utilizzarli al fine di raggiungere il traguardo finale.

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