
Francesco Tonucci
Caro Frato,
congratulazioni e auguri di buon compleanno.
Quando nascesti, cinquanta anni fa, non avrei mai pensato che avresti vissuto tanto e che avresti avuto questo successo.
Abbiamo sempre detto che Frato nasce nel ’68 ed è vero, perché per la prima volta in quell’anno firmai con quello pseudonimo le mie prime vignette. Ma i personaggi nascono due anni prima e per questo, senza dire bugie possiamo festeggiare le tue nozze d’oro con la penna, l’inchiostro di china e con i tuoi personaggi.
Nel 1966 la mia vita ha subito un cambiamento radicale. Mi sono sposato, ho lasciato la mia città di Fano e con Mariuccia (che ha lasciato la sua Cervara) siamo venuti a vivere a Roma, senza conoscere nessuno, senza nessuna sicurezza lavorativa. Avevo avuto una borsa di studio all’Istituto di Psicologia del CNR dove entrerò come ricercatore l’anno dopo e continuerò a lavorare fino ad oggi, anche se pensionato. In quell’anno il collega Rodolfo Nencini mi chiede di aiutarlo in una ricerca che sta realizzando sulla aggressività dei bambini. Per questo bisognava tradurre in italiano e al mondo infantile il Test per immagini del ricercatore americano Saul Rosenzweig. Per questo test realizzo i personaggi che presento nell’Antefatto, Il test viene realizzato con 24 tavole, applicato ad un campione sperimentale e pubblicato da Organizzazioni Speciali di Firenze. Poi arriva il ’68.
Nel ’68 tutti cercavano modi originali per poter comunicare con la gente: teatro popolare, poesia, manifesti, assemblee. Gli studiosi sentivano il disagio del loro isolamento e il pericolo di restare chiusi nella loro comunità scientifica e quindi il bisogno di trovare modi nuovi per far arrivare ad un pubblico sempre più ampio le loro riflessioni e i risultati delle loro ricerche. Personalmente lavoravo in quel periodo su temi educativi, visitando le scuole, raccogliendo materiali degli alunni, ma i risultati di queste ricerche venivano pubblicati da riviste che gli insegnati non ricevevano, non compravano e non leggevano. Per ridurre questa distanza, per creare un canale di comunicazione più diretto nacquero le vignette. Devo riconoscere, oggi posso dirlo, che all’inizio mi sembrava poco decoroso sia per un ricercatore, sia per un artista, disegnare vignette satiriche e per questo preferii non firmarle con il mio nome e così nacque Frato, che assunse la paternità e la responsabilità di questa produzione “della mano sinistra”. Devo riconoscere che in questi cinquanta anni la tua è stata una buona carriera e spesso hai ottenuto risultati che mi hanno sorpreso e perfino suscitato sentimenti di invidia. Per il primo libro hai saputo trovare uno dei più bei titoli, che, quasi come una vignetta, ha saputo riassumere il significato più profondo del tuo, ma anche del mio lavoro: Con gli occhi del bambino. Questo potrebbe essere un buon riassunto della nostra carriera, è l’angolo visuale che abbiamo scelto, è la filosofia con cui abbiamo osservato, studiato e commentato il mondo dei bambini.
Ma il tuo risultato più clamoroso credo sia stato quello di essere entrato in un mondo difficile e, per sua natura ostile alla satira, come la scuola. Le grandi istituzioni come l’esercito, le religioni, la scuola, mal sopportano la presenza graffiante e spesso offensiva della satira. Tu sei riuscito ad entrare in questo mondo, a difendere i bambini che di solito sono succubi e inascoltati, a denunciare gli errori educativi, non solo degli ostinati insegnanti tradizionali, ma anche di quelli progressisti, di quelli per i quali io ho lavorato tutta la vita. Sei entrato e sei stato riconosciuto, accettato. Le tue vignette sono state spesso utilizzate per denunciare, per promuovere, per formare. Le hanno usate anche per fare esami, per interrogare i candidati. Le tue vignette hanno creato divisioni ed emozioni. Alcuni si sono arrabbiati e offesi, altri commossi. Molti hanno riflettuto e ci si sono riconosciuti.
Sei stato apprezzato anche da molti membri dell’accademia che hanno sempre avuto qualche perplessità sul mio modo di lavorare, a loro avviso troppo compromesso con l’esperienza, troppo militante per essere “di ricerca”. René Zazzo, uno dei padri della psicologia francese amava molto le tue vignette e le definiva pubblicamente come opere di psicologia e di pedagogia. Lui ha voluto che il tuo libro di vignette “La solitudine del bambino” venisse pubblicato nella collana scientifica “Croissance de l’enfant, genèse de l’homme” della Presse Universitarie de France da lui diretta. La breve nota in quarta di copertina fu l’ultimo suo scritto prima della morte.
Grazie a te ho potuto vivere la straordinaria e improbabile esperienza dell’amicizia con Norberto Bobbio, perché ci siamo conosciuti nel 1990 proprio all’inaugurazione della prima esposizione dei tuoi disegni a Torino e quando scrisse la lettera che ora introduce il mio libro “La città dei bambini” non l’aprì scrivendo Caro Francesco, ma Caro Frato! Nel 1994 con la proiezione delle tue vignette terminò a Salta, in Argentina, lo straordinario seminario che tenni al Palazzetto dello sport Delmi di fronte a più di 13.000 insegnanti.
Direi che oggi, dopo cinquanta anni di strani rapporti fra di noi, un po’ schizofrenici, un po’ conflittuali, un po’ affettuosi, sono rassegnato ad invecchiare insieme e quindi posso sinceramente augurarti e augurarmi che tu possa continuare ad accompagnare il mio lavoro, per tanti anni ancora, sempre dalla parte delle bambine e dei bambini.
Francesco