Ci vuole entusiasmo nell’insegnare, perché l’attenzione degli studenti passa dal coinvolgimento emotivo.
Umberto Galimberti
Che molti professori (sottolineo: molti, non tutti) non abbiano una competenza sufficiente della loro materia è cosa nota agli studenti, ai genitori e ai colleghi professori. Questi ultimi, quando dovesse capitar loro di subentrare l’anno successivo in quell’insegnamento, si trovano a dover recuperare due anni in uno. E c’è chi lo fa e chi non ritiene suo compito farlo. Gli studenti si arrangino come possono. Essere laureati non è di per sé indice di competenza. Posso garantire che ci si può laureare ad esempio in filosofia anche senza aver letto una sola pagina di Platone o di Kant.
Quanto a me, qualche conoscenza diretta della scuola la possiedo, avendo insegnato, prima di accedere all’Università, nelle scuole medie inferiori, negli istituti tecnici, negli istituti magistrali, nei licei scientifici e classici. Ho fatto parte di commissioni concorsuali, dove ho potuto toccare con mano il basso livello di competenza di molti candidati, che, per ragioni davvero incomprensibili, superavano comunque il concorso.
Lei mi chiede se: “Vogliamo introdurre un valutatore di carisma o di fascino nella selezione del personale docente?”. Le rispondo. Assolutamente sì, come avviene in qualsiasi colloquio di lavoro, dove chi si presenta, viene sottoposto a un test di personalità per verificare, per esempio in una casa editrice, se il candidato è abbastanza ossessivo e quindi idoneo a fare il correttore di bozze. È Platone a insegnarci che s’impara per fascinazione, perché nell’età dell’adolescenza la mente si apre quando la sfera emotiva è coinvolta. Come ciascuno di noi ricorda di aver studiato con impegno le materie dei professori che ci avevano affascinato e davanti ai quali non si voleva fare brutta figura. Lei pensa che i pericoli della fascinazione siano maggiori dei pericoli della demotivazione che, come una nebbia pesante, grava in molte classi delle nostre scuole? La demotivazione è insidiosissima, è l’anticamera della depressione, e la depressione è l’anticamera del suicidio. Legga il terzo capitolo di un mio libro, L’ospite inquietante, ci sono diverse testimonianze di come i giovani vivono la loro pericolosissima demotivazione, spesso a vostra insaputa.
Da ultimo lei si è accorta che nei licei si è rinunciato alla formazione dei giovani, giudicati solo sulla base della loro prestazioni oggettive che fanno media matematica, per cui alla fine del quadrimestre uno si trova in pagella un 6 che risulta dalla media di compiti che vanno dal 9 al 3, dal 2 all’8. Ma che idea può farsi uno studente in questa altalena di voti? E poi perché non si fanno più i temi, ma solo la comprensione di un testo scritto con un voto a scalare per ogni parola incompresa?
Forse perché in un tema si esprime la soggettività dello studente che non è valutabile in termini oggettivi, e magari obbliga l’insegnate a tener conto delle condizioni psicologiche dei suoi alunni? Perché, cari professori, non aprite un libro di Psicologia dell’età evolutiva? Forse capireste perché Freud, già nel 1909 scriveva: “La scuola deve fare qualcosa di più che spingere i giovani al suicidio, e suscitare l’interesse per la vita che si svolge fuori nel mondo”. Sembra che i giovani questo interesse oggi lo avvertano appena escono da scuola. Come mai?
D la Repubblica, 154, 11 febbraio 2017
L’INSEGNATE, INDIPENDENTEMENTE CHE INSEGNI ALLE ELEMENTARI, ALLE MAGISTRALI, AI LICEO O ALL’UNIVERSITÀ DEVE AVERE, A MIO MODESTO PARERE, QUATTRO COSE BASILARI CHE SONO: UN’OTTIMA PREPARAZIONE NELLA SUA MATERIA, UN’OTTIMA CULTURA GENERALE, UNA FORTE PERSONALITÀ E UN GRANDE CARISMA CHE DEVE STIMOLARE E AFFASCINARE I SUOI STUDENTI ALLO STUDIO CHE È LA COSA PIÙ SERIA E PIÙ DIFFICILE CHE ESISTA.
UN INSEGNANTE O UN PROFESSORE CHE CON QUESTE QUALITÀ CHE OGGI,
PURTROPPO, SCARSEGGIANO, ENTRA IN UN’AULA , SONO CERTO CGE NON CI SARÀ SCOLARESCA CHE NON SI ACCORGERÀ DI LUI. NON CI SARÀ STUDENTI CHE NON PENSERÀ A COME SARÀ IL SUO ANNO SCOLASTICO. I SUOI COMPAGNI DI CLASSE E LUI NON POTRANNO CHE PENSARE A UN ANNO SCOLASTICO FORMATIVO, EDUCATIVO E SOPRATTUTTO ISTRUTTIVO. LA NOSTRA SCUOLA CHE HA TANTI PROBLEMI HA BISOGNO PIU CHE MAI DI INSEGNANTI E DI
EDUCATORI I CON TALI QUALITÀ.
POSCRITTO.
Signor Galimberti,
Sono d’accordo con lei, quando dice: “Che essere laureati non di per sé indice di competenza”. Ho avuto modo di conoscere laureati con un basso livello culturale.
Apprezzo molto le risposte che da ai lettori di D La Repubblica delle donne, intanto la saluto cordialmente.
Pienamente d’accordo. Tra l’altro ci sono istituti scolastici che hanno già applicato un metro di valutazione dei docenti, per esempio al fine della distribuzione di premi, seguendo un metodo “scientifico” elaborato dalla Bocconi di Milano.