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Articolo 12

Francesco Tonucci

Pedagogista


La parola ai bambini

 

La Convenzione dei diritti dell’infanzia non l’hanno chiesta o pretesa i bambini, l’hanno decisa e approvata gli adulti delle Nazioni Unite e quasi tutti gli Stati l’hanno sottoscritta e nella quasi totalità l’hanno inserita nella legislazione nazionale facendola diventare così legge ordinaria e vincolante. È di gran lunga la Convenzione internazionale più sottoscritta.
Di fronte a tanta unanimità mi sembra legittimo il sospetto: quando si tratta di bambini non ci si tira mai indietro, si approva all’unanimità tanto poi non occorre rispettare la promessa. I bambini non controllano, non protestano.

 

 

Un caso emblematico è quello dell’articolo 12 della Convenzione che dichiara che i bambini hanno diritto ad esprimere il loro parere ogni volta che si prendono decisioni che li riguardano e che il loro parere deve essere tenuto nel giusto peso. E non si pensi che “nel giusto peso” possa ridurre l’obbligo dell’adulto, perché l’articolo 3 della stessa Legge dice che l’interesse del bambino va considerato prevalente. È quindi l’interesse del bambino che prevale se per caso entra in conflitto con gli interessi di altri.

Se tutto questo è vero si dovrebbe avere una abitudine nelle famiglie a consultare i figli per esempio quando si decide di cambiare casa, di avere o non avere altri figli, di separarsi o divorziare, perché evidentemente sono decisioni che riguardano da vicino anche i bambini. Dovrebbe essere pratica quotidiana nelle scuole consultare gli alunni quando si definiscono le regole, gli orari, l’uso degli spazi, la quantità dei compiti. Dovrebbe essere infine abitudine di un sindaco consultare i piccoli cittadini perché è difficile immaginare una decisione presa da una Giunta o da un Consiglio comunale che non riguardi anche i bambini. Ma a distanza di anni dalla approvazione della Convenzione alle Nazioni Unite, nessuno ha affermato questi doveri con sufficiente chiarezza né ci si è preoccupati di definire forme adeguate per la consultazione e la partecipazione dei bambini alla vita della famiglia, della scuola e della città.

Per quello che riguarda la città è innegabile che il garante dei diritti dei bambini debba essere considerato il sindaco e quindi il sindaco deve trovare forme adeguate per la consultazione dei bambini.

Roma ci sta provando attraverso l’adesione al progetto internazionale “La città dei bambini” proposto dal CNR e in particolare attraverso il Consiglio dei bambini. Il 20 novembre (giornata dei diritti dei bambini) del 2001 il sindaco Veltroni, aprendo in Campidoglio il primo Consiglio dei bambini della città di Roma disse ai bambini: “Ho voluto questo Consiglio dei bambini perché ho bisogno dei vostri consigli, del vostro aiuto. Spesso i grandi si dimenticano di cosa significa essere bambini e questo produce gravi errori e da questi errori nascono le città dove si vive male e specialmente i bambini vivono male.

Da oggi cominciamo a lavorare insieme perché vogliamo cambiare questa città”. Da quel giorno un Consiglio formato da un bambino e una bambina, di quarta e quinta, di una scuola elementare per ogni Municipio romano, più i rappresentanti dei bambini con handicap, stranieri, malati e rom, si riuniscono ogni mese per rispondere all’invito del sindaco.

E periodicamente comunicano al sindaco, alla Giunta e al Consiglio Comunale le loro richieste, le loro proteste, le loro idee. Sono proposte semplici, quasi ovvie, ma assolutamente lontane dalle scelte degli adulti e per essere accolte richiedono cambiamenti non facili.

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