
Loris Malaguzzi
Pubblicato in “bambini”, aprile 1986, Edizioni Scolastiche Walk Over, Bergamo – pp. 4-5
1.
Nessuno può sapere se le bandiere impennate abbiano abbassato un po’ la testa per pensare di più e ragionare meglio. Era ciò che, con altri, auspicavo concludendo l’ultimo editoriale sulla questione dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola dei bambini.
I fatti. I fatti, quelli che si possono sapere, sono ancora controversi e in alto mare e alternano documenti di segno differente e opposto. Nessun stupore dopo quella specie di blitz iniziale che resterà nella storia dei rapporti fra stato e chiesa e scuola come un documento di rara incompetenza e di esplicita improntitudine nei confronti di quello spirito di “collaborazione nell’autonomia” appena prima raccomandato e sottoscritto dalle parti.
Ma la considerazione, negativa purtroppo, che subito va notata è che i fatti – comunque siano – corrono tra i vertici istituzionali e oltre come in un mondo sovrapposto che ha sotto di sé un grande buio e una diffusa rassegnazione delle famiglie e di molti, troppi luoghi della scuola. Buio e rassegnazione che in parte provengono da costruite disinformazioni, in parte da rimozioni volute e in parte da istintivi slittamenti nel profondo a difesa di incontenibili sentimenti di impotenza.
2.
Un fatto di notevole incidenza è rappresentato da una recente pubblica dichiarazione del Pontefice a favore e in difesa del ministro Falcucci appena salvato da una condanna parlamentare grazie al ricorso al voto di fiducia. L’intervento del Pontefice, trascritto in parole semplici, assegna tanta forza alla Falcucci da garantirle sia la sopravvivenza come ministro (incarico che pareva dovesse perdere e per larghissima condivisione al primo rimpasto di governo) sia la luce necessaria per governare e far fronte anche alle diversità delle posizioni presenti in seno alla stessa Dc.
La storia procede o si ferma anche così.
3.
Un fatto di enorme rilevanza e che fin qui non ha avuto evidenza e chiarezza, è quello che fisionomizza i criteri secondo cui le autorità ecclesiali possono decidere le idoneità, le inidoneità e le revoche delle idoneità nei confronti degli insegnanti sia laici che religiosi. Giuliano Agresti, vescovo di Lucca, ha spiegato che tre sono i punti che possono decidere la revoca: un’accertata grave carenza della retta dottrina cattolica, un’inabilità pedagogica, un comportamento pubblico in contrasto con la morale cristiana. Come è facile arguire la griglia ha un’estensione di significati, di conseguenze umane professionali e culturali di cui non si vede né lo spessore né la fine e in cui la soggettività dei giudicanti è assoluta. Si tratta di un problema che legittima gravissime preoccupazioni di ogni ordine e che penetra all’interno dei mondi delicati, intimi è propri della stessa organizzazione scolastica e dei singoli docenti. Si capiranno allora gli stati d’animo già ampiamente diffusi tra gli insegnanti, anche tra quelli virtualmente disposti ad accettare il difficile compito, tendenti a sottrarsi ad ogni valutazione esterna tanto rigorosa quanto temibile.
Pur non entrando nei meriti delle reali possibilità di reclutamento dei docenti idonei e culturalmente preparati e delle necessarie risorse giuridiche e finanziarie, credo sia facile, dopo questa clausola, immaginare un grafico a scalare delle implicazioni a seconda dei livelli di scuola: che diventano incommensurabili appena lambiscono la scuola dei bambini, della scuola materna e dell’infanzia.
4.
I fatti a livello parlamentare.
Ho davanti a me il verbale della seduta della Commissione Istruzione di fine febbraio. Il Ministro Falcucci dichiara di non aver ancora elaborato proposte compiute. A suo giudizio quello che accadrà nella scuola elementare accadrà anche nella materna. Si tratta di un’ipotesi azzardata e tutta personale perché i due livelli di scuola hanno ben poche analogie sia sotto il profilo ordinativo che programmatico. E i ragazzi o i fanciulli, in quanto destinatari, non sono i bambini. La scuola materna non ha – riconosce il Ministro – articolazioni di programmi secondo scansioni orarie e tuttavia le stanno bene le scansioni di 20 minuti al giorno di insegnamento religioso: dopodiché afferma che “l’insegnamento della religione cattolica farà riferimento a orientamenti di educazione cattolica in analogia con quanto stabilito dal Decreto Presidenziale del 1969 per quanto attiene gli Orientamenti pedagogici della scuola materna“, con ciò costruendo un rarissimo modulo di fabulazione ermetica.
Il senatore Chiarante del Pci, dopo aver sollevato nette critiche contro i criteri che abbiamo detto sopra circa l’idoneità degli insegnanti, fa notare i numerosi problemi che ne verrebbero alla scuola materna con l’introduzione dell’insegnamento religioso. Suoi suggerimenti: collocare l’insegnamento all’ultima ora, turnazione degli insegnanti tra i vari gruppi di bambini per evitare possibili traumi. Quello che c’è di notevolmente disinvolto è la distanza contraddittoria tra l’entità dei problemi e l’affidamento risolutivo a piccoli e confusionati espedienti.
Poi è stata la volta del senatore Scoppola della Dc: “probabilmente” – dice – “è stato un errore includere la scuola materna nel novero di quelle in cui va impartito l’insegnamento religioso. Una soluzione auspicabile sarebbe quella di stabilire che nulla va innovato rispetto quanto già avviene“.
Inutile dire quanto si possa essere d’accordo con lui. Ma il vero quesito sta nel quanto conti il parere di Scoppola. Tenendo conto che altrove, e precisamente dal centro bresciano che fa capo a “Scuola Materna”, la richiesta è già quella di sommare tutto: cioè di avere nella scuola dei bambini sia l’adozione dell’educazione religiosa degli Orientamenti, sia delle “due ore concordatarie”.
La scuola materna è ancora al centro dell’intervento del liberale Giovanni Ferrara: “L’unica soluzione, rispettosa dei problemi pedagogici, sarebbe quella di un riesame della questione con la controparte”.
5.
Quello che conta è che il tema della scuola materna, nel più grande congegno previsto dal concordato e dall’intesa, sia presente nel dibattito parlamentare e fomenti più dirette conoscenze e più consapevoli scelte.
Ed è quello che sta accadendo.
Nel momento in cui sto chiudendo queste note so della presentazione di un documento dei senatori comunisti sull’intera questione religiosa. Non conosco i contenuti ma mi risulta che tra essi ci sia la richiesta di non revisione della legislazione scolastica relativa alla materna e di una sospensione della circolare applicativa, per andare a rivedere l’intera materia dell’insegnamento religioso ai bambini in considerazione dei delicati problemi pedagogici e psicologici che comporta.
E un atto di chiarezza in più che riassume posizioni, come abbiamo visto, più ampie in seno alla Commissione istruzione e risponde a esigenze che sono vere e urgenti.
Ma ciò che, almeno personalmente, mi divide dalla presa di posizione del Pci, non è tanto la richiesta di sospensiva – con cui sono d’accordo – ma la filosofia che la sorregge.
Il Pci, in parole povere, sembra accettare e non rifiutare i perversi meccanismi delle opzionalità e delle separazioni dei bambini, caricando di significati impropri e non veri il documento dei vecchi Orientamenti che alla fine, e comunque, resta il terreno dell’incontro e della possibile serenità.
Senza con ciò capire che i bambini, le famiglie, gli insegnanti, la psicologia e la pedagogia e gli stessi valori laici o religiosi sono contrari ad ogni rigorismo e dogmatismo di parte. O lo dovrebbero essere. Ed è ciò che i bambini chiedono negando il diritto o l’arroganza degli adulti di dividerli in bambini del sì e bambini del no e di piantare pennoni e bandiere nelle loro città.