
Enea Nottoli
Parlare di Lavoro Aperto può erroneamente portarci a facili considerazioni che nella realtà non trovano il giusto riscontro. Aprirsi al cambiamento non è un’operazione banale, ma richiede prima di tutto un’azione di introspezione, di auto-analisi e di messa in discussione.
Cambiare non vuol dire ribaltare il concetto del lavoro, ma analizzare il proprio modo di essere, di pensare e di agire per poi intervenire sulla propria quotidianità alla ricerca dei miglioramenti e delle modifiche necessarie per lo sviluppo di un pensiero critico-costruttivo.
Troppo spesso ciò che contraddistingue un cambiamento è solo l’applicazione fredda e sistematica di una nuova pratica, appresa durante un corso di formazione, una visita formativa o attraverso l’osservazione fugace di una moda; un copia e incolla fine a se stesso che alla fine mette in difficoltà non solo il progetto educativo, ma soprattutto il modo di lavorare e l’equilibrio all’interno di un percorso che dovrebbe essere condiviso.
Tale situazione finisce per creare discrepanze e anomalie nel processo educativo, evidenziando più le criticità che non i punti di forza. Non è raro osservare, all’interno del mondo educativo in generale, il rapido passaggio da una fase all’altra senza che tale percorso sia supportato da convinzioni personali e di gruppo, lasciando in evidenza una fragilità organizzativa e processuale.
È dunque necessario, pima di procedere all’applicazione sul campo, passare per una prima fase di riflessione personale da condividere poi con il proprio gruppo di lavoro, in modo da creare un percorso convinto e convincente.
Qualsiasi passaggio innovativo, in qualsiasi campo venga applicato, necessità di una prima fase di decantazione.
Tutto ciò che viene analizzato e preso in considerazione in vista di un cambiamento, deve essere messo sul campo e analizzato senza alcun preconcetto. Aprire la mente, in questo frangente, vuol dire proprio questo, spogliarsi di qualsiasi preconcetto, di qualsiasi stereotipo e riuscire a vedere il tutto con la volontà di mettersi in discussione, sapendo che ciò non vuol dire “accusarsi” di qualcosa ma, al contrario, “aprirsi” a qualcosa.
Ciò che fa parte della storia pregressa, del proprio percorso professionale e personale non deve essere cancellato, ma rivisitato e analizzato in funzione di ciò che voglio ottenere o costruire in un futuro molto prossimo. Inserire una nuova riflessione, una nuova visione deve fungere da stimolo al miglioramento e non da elemento distruttivo.
Scegliere dunque un punto di partenza, un elemento di cambiamento sul quale costruire un processo di riflessione articolato; individuare un percorso che non tenga conto solo ed esclusivamente di ciò che sono e del come sono arrivato ad esserlo, ma che pensi soprattutto al come sarò e al come riuscirò a diventarlo.
Ma attenzione, non stiamo parlando di gettare tutto ciò che ci appartiene, tutto ciò che fa parte del nostro background, al contrario stiamo riflettendo sul rimettersi in discussione proprio partendo da ciò che ci caratterizza.
Aprirsi al cambiamento è quindi un percorso difficoltoso, pieno di ostacoli ma anche di possibilità e di opportunità. È un qualcosa che va sentito intimamente ma che, in questo momento storico, sembra essere necessario per non perdere il contatto con la realtà.