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Ambientamento in outdoor
Quando l’ambientamento lo fa il contesto sociale

Beatrice Serventi

Pedagogista


 

Il Centro bambine/i di Moneglia in provincia di Genova è un servizio che ha sempre creduto, dalla sua nascita nel 2010, alle attività all’aperto e al condividere insieme alle famiglie le opportunità offerte dal piccolo borgo marinaro.

La serenità, il senso di appartenenza e la forte condivisione emersa durante le esperienze vissute in outdoor, hanno portato le educatrici a progettare una nuova formula di ambientamento che prevedesse il contesto esterno al servizio quale migliore situazione per incontrare le nuove famiglie e vivere con loro i primi momenti di conoscenza reciproca.

Così si è pensato, qualche giorno prima del periodo degli inserimenti, a un momento di primo saluto con i bambini e le loro famiglie, quando il gruppo del Centro è in uscita sul territorio, per poi prevedere, a inizio ambientamento, dopo lo spuntino del mattino al centro, la partecipazione dei nuovi bambini con il genitore ad una prima passeggiata insieme per le vie del borgo.

L’incontro con i negozianti, amici e conoscenze comuni, la scelta come meta della spiaggia, luogo famigliare dove tutti si sentono a proprio agio, diventano una preziosa occasione da vivere insieme.

 

 

In questa prima fase di ambientamento i nuovi arrivati possono iniziare a giocare liberamente e a relazionarsi prima con i coetanei e poi con le educatrici.

Durante il secondo giorno di frequenza il contesto che accoglie diventa lo spazio esterno al servizio nel quale i genitori possono dedicarsi con i propri bambini a piccole azioni di giardinaggio sotto la guida delle educatrici con le quali si intensificano gli scambi relazionali.

Nei giorni seguenti si alternano esperienze proposte in outdoor a momenti di routine della vita del centro finché dalla settimana successiva si attua il primo vero distacco del bambino dalla famiglia con una frequenza che aumenta in modo graduale a seconda delle diverse situazioni.

Un ambientamento dove lo spazio esterno diventa quel “terzo educatore”, che ci aiuta a creare il miglior contesto per facilitare le prime relazioni, possibile formula realizzabile in altre piccole realtà territoriali che accolgono servizi zero-tre anni.

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