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Alcuni spunti di riflessione sulle ultime pubblicazioni di Francesco De Bartolomeis

Lorenzo Campioni

Pedagogista


Nel 1953 Francesco De Bartolomeis pubblicava La pedagogia come scienza, riconosciuta da Roger Cousinet tra le otto opere più importanti di pedagogia non solo europea.

A settant’anni esatti da quella pubblicazione, De Bartolomeis ritorna su temi della pedagogia e dell’arte, due amori lungamente curati, implementati e approfonditi in relazione ai nuovi bisogni in base all’evoluzione della società, anzi anticipandoli e rimanendo un punto di riferimento culturale avanzato per generazioni di insegnanti amanti del loro lavoro.

Una vitalità culturale unica che ha attraversato la seconda metà del secolo scorso e ancora oggi in prima linea per il superamento di una scuola e didattica che non riconoscono le esigenze cognitive, affettive, relazionali di bambini e ragazzi e il necessario tempo di progettazione condivisa tra adulti e allievi.

Spesso i politici nel parlare dei progetti correlati al PNNR parlano di “messa a terra”, una espressione gergale general-generica che non dice “che cosa” e il “come” si realizzeranno le opere. Diversamente De Bartolomeis, in queste sue ultime cinque agili pubblicazioni, entra nel merito dei maggiori problemi di cultura pedagogica, sia concernenti la metodologia che i contenuti. Già i titoli sono espressivi di queste realtà: Pensieri su cui pensare; I bambini, l’arte, la cultura; Percorsi educativi nello spazio e nel tempo; Un sistema educativo ramificato; Parliamone.

 

 

 

Opere avvincenti, rigorose che si basano su fatti educativi, su “ricordi di cultura viva e attuale”. Francesco De Bartolomeis si muove sul filo dell’astrazione, frutto dell’applicazione del metodo della ricerca e del concetto di sistema per la comprensione di problemi e fenomeni non solo legati all’educazione.

«La “pedagogia pedagogica” che non sente il bisogno di scendere sul campo e collegarsi ad altri settori culturali, questa pedagogia è noiosa e dannosa. La complessità del sistema richiede non solo manutenzione e revisioni ma creazione di nuovi ed essenziali mutamenti strutturali emersi da sperimentare nelle varie realizzazioni formative». Un nuovo modo di intendere e praticare la pedagogia.

Da me interpellato su come avrebbe definito la sua visione della pedagogia mi rispose «una pedagogia con il sedere a terra» per indicare una pedagogia che nasce all’altezza di bambino nella osservazione, nell’attenzione al suo modo di ragionare e comportarsi e nel rispetto come tratto professionale non secondario.

De Bartolomeis è fortemente critico nei confronti della politica che ignora l’impegno per le nuove generazioni: «Per fortuna le competenze nelle istituzioni formative e di ricerca non mancano, ma i governi le ignorano e quindi non intervengono per favorirne lo sviluppo», infatti la nuova pedagogia va cercata nelle realizzazioni del sistema formativo non meno che nella politica, che dovrebbe occuparsene. L’autore riconosce realisticamente che la preparazione professionale degli insegnanti ha seguito vie diverse e che devono tenere presenti le condizioni della scuola in cui svolgono l’attività. Il lavoro degli insegnanti è impegnativo e, purtroppo in molti casi, non può contare su un sostegno istituzionale che vada oltre la propria scuola.

Se osserviamo il panorama pedagogico attuale sembra che molti testi di pedagogia descrivano i problemi o addirittura tentino di normare la materia ma non entrino nel sistema cognitivo per conoscere e capire la realtà; pare che siano più interessati a problemi particolari e contingenti ma che manchi una visione di vasto orizzonte.

Nelle opere di De Bartolomeis, all’opposto, si ha una visione complessiva del fatto educativo, che spazia dalla metodologia ai contenuti, alle nuove tecnologie che debbono fare parte dei saperi dell’insegnante in modo strumentale. Basti pensare ad alcune tematiche affrontate: percorso della ricerca già dalla scuola dell’infanzia, laboratori, informazione come conoscenza di base per la costruzione di un sistema che è la strada per comprendere problemi e condurre esperimenti, collegamenti della pedagogia con le altre scienze, formazione e esigenze degli insegnanti, metodologia aperta non codificata che va oltre la competenza disciplinare per creare atmosfere umane piacevoli e affascinanti, complessità dell’arte, osservazione e produzione, lavorare con l’arte e il metodo di valutazione produttiva, sistema formativo ramificato, una scuola per la vita attraverso la vita quindi con approssimazioni, manchevolezze, complessità…

Copertina Un sistema educativo ramificato - Zeroseiup edizioni

Credo che nessun pedagogista accademico abbia trascorso tanto tempo a diretto contatto con bambini, ragazzi, educatrici e insegnanti collaborando e coordinando progetti di qualificazione del sistema e laboratori. Una pedagogia, quindi, che nasce nella vita ed è finalizzata a creare un ambiente piacevole, come sosteneva anche Dewey. Una scuola, proprio perché incentrata sui problemi e sulle esigenze della vita, ne condivide le complicazioni nella necessità di continuare nei rinnovamenti e approfondimenti. Una situazione vissuta con piacere perché si avverte la crescita delle conoscenze, delle abilità, oltre che della sensibilità.

Ho avuto la fortuna e il privilegio – insieme ad insegnanti comunali dell’infanzia e statali di scuola, allora materna, elementare e media – di collaborare con Francesco De Bartolomeis dal 1983 al 2000, a Riccione, a un progetto speciale, in cui si è cercato di creare un contesto collaborativo e creativo e di trovare connessioni dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore. Il Lavorare per progetti riguardava anche le funzioni attribuite alla documentazione. La Scheda come strumento minimo compatibile con le metodologie specifiche dei vari campi di ricerca creò, oltre a una originale Banca Dati, anche una guida critica della ricerca stessa: non regole ma problemi, non impostazione ma costruzione di strumenti per il suo svolgimento.

Per De Bartolomeis infatti «una documentazione che non faccia entrare in tutto il percorso della ricerca, dagli inizi alla presentazione dei risultati, è vuota di problemi e cultura». La Banca Dati di questo tipo favorisce la costruzione degli strumenti da utilizzare e dall’altra consente di esibire e valutare i risultati raggiunti da una particolare esperienza culturale.

Questi testi dovrebbero fare parte del bagagliaio personale di ogni educatore e insegnante e oggetto di confronto negli incontri di formazione e di progettazione della vita scolastica, non tanto per insegnare, ma per fare apprendere. «Insegnanti di questo tipo non si comportano con il distacco di dipendenti, ma con la dignità e il piacere di persona che porta nel lavoro aspetti della vita che non possono essere sospesi in una parte essenziale a favore delle richieste prevalentemente convenzionali della scuola».

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