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Agire la matematica

Giuseppe Pea

Docente


La bussola della mente funzionale

 

Parlare di matematica significa evidenziare il fondamentale e profondo legame esistente tra la motricità e la matematica. La necessità di prendere coscienza di questo legame è dovuta a tanti motivi:

  • quando questo legame non è preso in considerazione, i risultati scolastici diminuiscono sia per la motoria, sia per la matematica (si vedano gli scarsi e scadenti risultati che gli allievi-studenti italiani hanno ottenuto nelle prove OCSE PISA – Invalsi);
  • tra matematica e motoria esiste una parentela stretta che bisogna approfondire sul piano epistemologico, cioè sul modo in cui si apprendono le cose, sulle motivazioni legate alla psicologia, alla pedagogia e alla metodologia, e altro ancora. Rimane però un punto fermo sul piano epistemologico: le discipline si classificano sulla base dei diversi modi in cui vengono apprese. Sono queste modalità di apprendimento che ci permetteranno di attivare metodologie adeguate a realizzare questi saperi o, a conquistarli;
  • tutte le discipline che gli esseri umani affrontano nella loro vita vengono classificate in tre ambiti (detti ambiti disciplinari) sulla base del modo in cui le apprendono: ambito del linguaggio (chiamato anche ambito del soggetto), ambito dell’ambiente o dell’oggetto (chiamato anche ambito del senso delle cose) e, infine, ambito dell’azione costruttiva (chiamato anche ambito cognitivo).

 

Vediamo ora i diversi modi utilizzati per apprendere le discipline che formano i tre ambiti.

 

  1. Ambito del linguaggio

È l’ambito di tutte le discipline che permettono agli esseri di comunicare agli altri e a sé stessi ciò che hanno capito, compreso, valutato e ciò che hanno bisogno di capire. L’apprendimento di queste discipline (lingue, linguaggi, …) avviene, prevalentemente, per full immersion, cioè per l’intensa e continua partecipazione dell’individuo alla vita nella quale si trova immerso. Questo ineludibile coinvolgimento totale porta l’individuo, per analogia e per imitazione, a possedere sempre di più gli strumenti (ed il senso dato a questi) utilizzati per affrontare, per comunicare, per interpretare tutto ciò che si vive. Questo apprendimento è caratteristico di tutte le forme linguistiche. È in questo modo che tutti i bambini imparano a parlare, ma è anche in questo modo che gli adulti imparano la lingua di un paese straniero nel quale hanno dovuto andare a vivere.

Le forme linguistiche si apprendono, normalmente, per full immersion. Il “normalmente” e “non sempre” è doveroso perché esiste anche la necessità di apprendere una nuova forma linguistica senza poter vivere in un ambiente dove la nuova forma linguistica viene comunemente utilizzata, ad esempio il latino e il greco antico (le cosiddette lingue morte) per gli studenti del liceo classico. In tal caso l’apprendimento si può ottenere solo possedendo capacità di far corrispondere le strutture logiche di una lingua conosciuta con le equivalenti strutture della lingua da conquistare. Non si è più nel metodo di apprendimento per full immersion ed è per questo motivo che molti studenti del liceo possono avere 8 in inglese e 3 in greco.

  1. Ambito dell’ambiente o dell’oggetto

È l’ambito delle discipline che hanno come fine la ricerca e comprensione del senso delle cose, come ad esempio: fisica, chimica, biologia, storia, astronomia, geografia, gli studi sociali…

Tutto ciò che sta in noi e fuori di noi e che è tangibile (rilevabile dai nostri sensi) e documentato (comprovato da documenti illustrativi) forma la realtà “oggettiva” nel senso naturale, artificiale, relazionale e sociale. È questa realtà che all’inizio tende a non distinguersi dal soggetto che la vive, a far nascere la necessità di essere scoperta, interpretata, conosciuta perché il soggetto dovrà intervenire su di essa e definire il proprio punto di vista. È con l’attribuzione del senso che il soggetto dà a ciò che scopre dentro di sé e nell’ambiente che vive che identificherà la realtà circostante, con le rispettive caratteristiche e regole, differenziandola da sé stesso e quindi progredirà nella formazione della propria identità e della propria autonomia.

Il metodo più efficace per acquisire questo ambito disciplinare del senso delle cose consiste nell’individuare le grandezze che identificano la realtà, misurarle e trovare delle regolarità, delle leggi che permettono al soggetto di comprendere ciò che prima sfuggiva. È per questo motivo che nelle scienze una nuova conoscenza viene detta “scoperta”. C’è sempre stata, ma quando il soggetto riesce a identificarla è come se si sollevasse una coperta che nascondeva ai miei sensi e alle mie rilevazioni la realtà nascosta.

L’apprendimento di queste discipline è fondato sulla metodologia osservativa che sfrutta i sensi del soggetto e la capacità di togliere i limiti e gli impedimenti dell’osservazione. Se gli impedimenti percettivi sono un ostacolo alle scoperte scientifiche non ci si arrende: si inventano strumenti e macchine che amplificano i nostri sensi (telescopi, lenti, microscopi, …) o, addirittura, che ci danno dei nuovi sensi (la bussola per il magnetismo e il tester per le correnti, i potenziali, le capacità elettriche …). Questi dati, non percepibili e non rilevabili in modo puramente sensoriale da alcun uomo al mondo, li captiamo con strumenti che li traducono in segni da noi percepibili ed interpretabili anche in senso metrico.

Ciò che si conosce in questo ambito è perché si ha la certezza che esiste, è tangibile ed è stato scoperto, ma ciò che non si sa non è detto che non ci sia, potrebbe non essere stato ancora scoperto.

 

 

  1. Ambito dell’azione costruttiva

Nel 2° ambito (quello dell’oggetto) si è esaminato l’apprendimento delle discipline che considerano ciò che esiste e che è rilevabile e documentabile. Con i due ambiti visti non si esauriscono le discipline dello scibile umano perché l’uomo considera anche le discipline che trattano l’inesistente, che hanno per fine il possedere “cose” che non sono rilevabili da alcun senso o strumento, possedere l’inesistente. Queste discipline costituiscono il 3° ambito e sono la motoria, la matematica e la tecnica (o ingegneria).

Possedere l’inesistente? Cerchiamo di capirne il significato con alcuni esempi:

  • Si prenda un oggetto matematico come il numero otto, dove si può vedere in natura? C’è qualcheduno che ha toccato o registrato o fotografato il numero otto. Si sente la parola “otto”, si vede la scrittura “8”, ma questi sono i significanti del numero otto, non sono il numero otto. Nessuno può percepirlo né con i propri sensi, né con alcun strumento come cannocchiale microscopio radar o altro.

È per questo motivo che l’osservazione non può essere il metodo che permette di apprendere l’aritmetica, tanto più che è impossibile osservare ciò che non c’è. Esiste solo nella nostra mente e, per questo, l’otto diventa in noi un sostantivo, ma non un sostantivo reale come l’anguria, bensì un sostantivo “astratto”. Gli oggetti astratti non si trovano fuori di noi, ma li abbiamo concepiti e ce li siamo costruiti dentro di noi, fanno parte di noi. Le discipline dell’ambiente, attraverso l’osservazione, portano dentro di noi tutto ciò che sta fuori dalla nostra mente. Le discipline dell’azione costruttiva portano le concezioni, che fanno parte di noi, sul mondo reale che sta fuori di noi (una proiezione di noi sul mondo reale) per ripensarlo, riorganizzarlo e rappresentarlo diversamente utilizzando nessi, schemi, regole che non esistono in natura. Queste concezioni sono il risultato di operazioni mentali avviate con l’azione diretta sulla realtà che porta dal fare alla consapevolezza delle regole dell’azione, alla conoscenza.

È l’azione la fonte prioritaria ed essenziale di queste conoscenze e non i sensi. Infatti quando un individuo deve giudicare un nesso fra due realtà e si ritrova con un giudizio “percettivo” contrapposto ad un giudizio nato dal “fare motorio”, allora si ricorda che i sensi possono ingannare, l’azione no. È questo il caso di uno che guarda un binario ferroviario e, pur avendo la percezione delle rotaie che convergono, le giudica parallele (perché percorrendole ha verificato che la loro distanza non cambia).

Tutte le tipologie di corpo (idealizzato, codificato, oggetto, linguaggio, efficiente) contribuiscono alla formazione del “culto del corpo”, ma questo non ha nulla a che fare con la motoria come disciplina dell’ambito dell’azione e del cognitivo, cioè con la motoria che crea strutture astratte che consentono al soggetto di reinterpretare, ordinare, organizzare e rappresentare il reale. Al massimo si sta proponendo una educazione scientifico-sociale e linguistica, come quella che pratica il bambino che disegna il proprio e l’altrui corpo per esprimere tutte le parti che lo formano e che percepisce (con età mentali più adulte si parlerebbe di anatomia, scienza del mondo medico). Ma quando attraverso le infinite esperienze motorie, volte alla risoluzione di problemi (che la vita fa nascere incessantemente in noi), si porta il bambino a “concepirsi” come se il suo corpo fosse diviso in due parti distinguibili, in relazione di contrapposizione tra di loro e ciò che opera questa partizione non esiste e nessuna lente d’ingrandimento me la può mostrare, allora si giunge alla concezione di una struttura spaziale, le parti vengono dette luoghi e il separatore dei due luoghi viene detto riferimento spaziale. È a questo punto che il “davanti” non è il petto, non è la fronte non è un organo anatomico del nostro corpo ma è un luogo della concezione di noi stessi e, questo, è separato dall’altro luogo contrapposto da un “piano” che non esiste realmente (ed è chiamato “piano corporeo”) e svolge la funzione di riferimento dei luoghi.

Quando questi concetti sono stati concepiti dai bambini, allora li possono proiettare sulla realtà nella quale sono immersi e relazionare questa a sé stessi. Ad esempio:

  • sei in un’aula, allarga le braccia per proiettare il tuo piano corporeo. Elenca tutto ciò che pensi possa trovarsi davanti (oppure dietro) a te, anche al di là delle pareti dell’aula.
  • Stai fermo con gli occhi ben spalancati e, fermo senza muovere neppure gli occhi, elencami i bambini che sono davanti a te ma che non vedi.

È utile ricordare che le concezioni spazio-temporali-logiche sono considerate delle categorie mentali primitive (che non dipendono da altre categorie apprese precedentemente) e, come tali, non possono formarsi con la comunicazione di chi le ha già comprese. È solo l’agire cinestesico personale del bambino che può avvicinare a queste categorie mentali ed è per questo fatto che la motoria viene collocata nell’ambito della azione costruttiva.

  • La tecnica è costituita dall’arte (nel senso di perizia, saper fare, saper operare) ed è costituita dall’insieme delle norme applicate e seguite in qualsiasi attività e nell’affrontare qualsiasi tipo di problema. Quando si parla delle norme di una tecnica significa che qualcuno ha affrontato dei nuovi problemi e, per tentativi ed errori, ha trovato il modo migliore, in quel momento, di venirne a capo. Questo successo, cioè il metodo e la strategia utilizzata nell’identificare obiettivi e mezzi per risolvere il problema, viene normato e trasmesso agli altri. Non bisogna confondere il “tecnico” con lo “scienziato”, sono sostanziali le differenze:
  • Il tecnico sa e sa come, lo scienziato sa il perché;
  • In presenza di un problema lo scienziato cerca, con l’osservazione, di scoprire il perché mentre il tecnico, attraverso tentativi ed errori, inventa (se ci riesce) come combinare, congegnare tutto ciò che si sa per ottenere la soluzione;
  • In sintesi, lo scienziato scopre mentre il tecnico inventa.

Gli ingegneri sono dei tecnici (la loro laurea è ottenibile al “politecnico”) e hanno come obiettivo massimo della loro professione quello dell’inventare, cioè del congegnare qualcosa che fino a quel momento non è mai esistito in natura.

Ma non solo gli ingegneri inventano! Si consideri l’allenatore di una squadra di calcio, se questo si limita a mostrare ai ragazzi il modo migliore di lanciare il pallone siamo in presenza di un tecnico che trasmette il “come” già inventato da altri che l’hanno preceduto. Se, invece, in una partita la squadra non riesce a segnare un goal necessario, allora l’allenatore deve “inventare” una nuova disposizione della squadra, nuovi ruoli dei giocatori, nuovi legami fra gli stessi giocatori … al fine di risolvere il problema dell’ottenere il goal sospirato. Gli allenatori migliori sono quelli che sanno inventare nuove tecniche e strategie di gioco in grado di mettere in difficoltà gli avversari.

I tre esempi mostrano che matematica, motoria e tecnica sono discipline che si apprendono affrontando problemi e, sempre per tentativi ed errori, “inventare” un modo per strutturarli e risolverli. Si arriva, in tal modo, ad imparare e padroneggiare non solo delle tecniche risolutive, ma anche concepire qualche cosa che prima non possedevamo: nuovi concetti, nuovi nessi, nuovi oggetti mentali astratti, nuovi schemi e nuove regole che sono indispensabili per reinterpretare e riorganizzare la rappresentazione del reale e, pertanto, sono indispensabili per tutte le altre discipline.

 

Un ultimo pensiero, volto ad evidenziare ciò che permette a tutte le persone di conoscere, padroneggiare ed utilizzare tutte le discipline, va rivolto agli educatori:

 

“non esistono vere conoscenze e comprensioni se non si dominano le categorie primitive spazio-tempo-logica e che queste sono:

  • non assimilabili attraverso la spiegazione, l’esempio, il mostrare… degli altri,
  • conquistabili solo con l’esperienza diretta basata sull’attività cinestesica.

Esiste un forte legame fra i dinamismi ludici ed i concetti. Infatti, in tutti i veri giochi sono in atto stati di coscienza, abilità motorie, uso graduato e corretto di forze e di potenze, ma a far “vincere” un bambino è la sua maggiore capacità di dominare concettualmente le proprie e le altrui azioni durante le varie fasi del gioco.

Quando si propone un qualsiasi gioco, ogni bambino che vi partecipa esprime un probabilistico gradiente concettuale che dipende dagli specifici inquadramenti spaziali e temporali attuati in riferimento al sé, al proprio interagire con gli altri e in riferimento alle mutevoli caratteristiche dell’ambiente circostante.

Il corpo, l’esperienza diretta, il gioco e l’esercizio motorio si devono giustamente ritenere basilari per l’acquisizione dei concetti e, in modo particolare dei concetti matematici. I concetti matematici sono tali solo quando si dispone di un opportuno strumento linguistico simbolico che ci permette di sfrondare la realtà vissuta di tutte le peculiarità contingenti e che evidenziano la relazione con altre esperienze analoghe, ma tutto questo in matematica non può avvenire se prima non si sono veramente assestate le categorie primitive sopra citate” [1]!

[1] L. Stefanini, M. Bonali, Agire per apprendere, ZeroSeiUp, Bg 2019

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