L’esperienza, realizzata con i bambini del nido d’infanzia ‘Ermellino’ di Palermo, le loro famiglie, il personale del nido, a partire dal contesto ambientale e sociale in cui si realizza, si articola su tre fronti – la cura dell’orto e del giardino, il contatto con gli animali domestici e il gioco con i materiali naturali – e sviluppa diversi obiettivi di apprendimento, autonomia e relazione. Il percorso ha avuto una durata complessiva di nove mesi: da Ottobre 2010 a Giugno 2011
COMPETENZE E OBIETTIVI:
- Apprendere ad apprendere
- Costruzione di una relazione significativa con gli esseri viventi
- Sviluppo di una pluralità di modalità relazionali (senso-percettiva, emotivo-affettiva, di piacere estetico) con gli elementi e i fenomeni naturali
- Sviluppo dell’autonomia
- Soddisfacimento dei bisogni esplorativi, cognitivi, sociali, culturali
- Capacità di misurarsi con le proprie resistenze e di confrontarsi con i rischi connessi alle ‘esperienze di natura’
- Sviluppo di una prospettiva biocentrica
INTRODUZIONE:
Il nido d’Infanzia Ermellino è ubicato in uno dei quartieri periferici della città (Bonagia). Lontano dalla vita frenetica del centro e privo di importanti spazi verdi e di luoghi di aggregazione, il quartiere è costituito da grandi palazzoni condominiali, strade veloci e da pochi negozi. La struttura del nido è posta al piano terra ed è circondata da un ampio giardino in parte alberato.
Per quanto sappiano tutto sulla natura, i bambini del quartiere – e, più in generale, della città – difficilmente hanno l’opportunità di avere con essa un rapporto diretto: giocare all’aperto, mettere un seme sotto terra e seguirne le trasformazioni, approcciare un lombrico o osservare una rana, un ragno o una crisalide non sono esperienze alla loro portata. Inoltre, poiché vivono il mondo naturale come estraneo e pericoloso, in genere i loro genitori programmano in toto la loro vita con attività che si svolgono quasi sempre al chiuso o in ambienti totalmente antropizzati: casa, scuola, palestra, parco giochi. Anche il lavoro svolto dalla scuola, sebbene metta al centro l’idea di un bambino competente, di fatto non sempre si traduce in azioni coerenti con quest’idea, in quanto negli insegnanti e negli educatori spesso prevale l’ansia di tenere i bambini lontani dai potenziali rischi che lo stare fuori comporta.
Di contro, diversi studi dimostrano che i bambini che hanno l’opportunità di trascorrere qualche ora al giorno all’aperto hanno una minore probabilità di soffrire dei disturbi definiti da Richard Louv Nature Deficit Disorder (Richard Louve, pedagogista e fondatore del Children and Nature Network, ne parla in ‘L’ultimo bambino nei boschi’, Rizzoli, 2005)r; disturbi (sensazioni di sradicamento dal mondo, difficoltà di concentrazione, stress, ansia, depressione) che colpiscono soprattutto i bambini e gli adolescenti e che sono legati alla totale assenza di un rapporto diretto con gli ambienti naturali.
Invece, secondo l’autore, i bambini che giocano all’aperto sono più sani, più felici, più competenti, più creativi e collaborativi.
Il giardino del nido d’infanzia Ermellino è un luogo a misura di bambino.
Grazie al clima che contraddistingue la nostra regione, esso offre ai bambini per gran parte dell’anno scolastico la possibilità di trascorrere diverse ore all’aperto e di vivere esperienze a diretto contatto con la natura, considerata il primo libro di lettura, perché ricca di una cultura simbolica e materiale che attende di essere interpretata, rielaborata e ricostruita da parte di un soggetto che, anziché decodificatore di un sapere già confezionato nei libri, è chiamato a farsi produttore di conoscenza (Mortari, 1994).
Consapevoli di quanto oggi siano cambiati i contesti di gioco e gli spazi di libertà dei bambini, abbiamo maturato la convinzione che il giardino del nido possa offrire ai bambini quegli spazi di libertà e di contatto con gli elementi naturali di cui hanno profondamente bisogno e che il quartiere non offre.
Pertanto, abbiamo voluto ripensare e riorganizzare gli spazi esterni del nido affinché costituissero un importante contesto di apprendimento, in quanto capace di consentire esperienze ed ‘incontri’ che coinvolgono i bambini in modo integrale (sfera emotivo-affettiva, psicomotoria, cognitiva, sociale, estetica, culturale, creativa) e che permettono loro di esprimere un profondo bisogno di conoscenza e di cura e quello stupore che emerge soltanto di fronte alla bellezza poetica del mondo vivente.
In questa prospettiva, il nostro percorso educativo-didattico è nato con l’intenzione di trasformare il giardino in una vera e propria aula didattica all’aperto, dove imparare l’ecoalfabeto – il linguaggio della natura (Capra 2005) – costruire una relazione significativa con gli esseri e gli elementi naturali, co-costruire conoscenza attraverso l’esperienza diretta ed una cultura del ben-essere che ci faccia sentire in connessione col più ampio contesto – la nostra madre-Terra (Morin, 1994) – che integriamo e da cui dipendiamo.
Abbiamo voluto restituire la Natura ai bambini.
DESCRIZIONE ESPERIENZA:
Nei primi anni di vita, attraverso l’esperienza diretta i bambini costruiscono delle mappe cognitive ed emotive che li aiutano ad orientarsi nel mondo. Noi adulti siamo responsabili della formazione di queste mappe, che in età adulta difficilmente si lasciano modificare (U. Galimberti).
Il percorso si è sviluppato su tre ambiti paralleli. Infatti, guidati dagli adulti (educatori e familiari), i bambini:
- hanno realizzato nel giardino del nido un piccolo orto e un angolo delle erbe aromatiche, incontrando e prendendosi cura della comunità di viventi che in esso si è sviluppata;
- si sono presi cura di alcuni animali domestici che gli adulti (genitori, nonni, educatori) hanno portato al nido;
- hanno giocato con una vasta gamma di materiali naturali recuperati in giardino, in campagna o al mare.
L’orto
Una delle cose più entusiasmanti dell’orto è che creiamo un luogo magico per l’infanzia dei bambini, che altrimenti non avrebbero un posto del genere e che non sarebbero in contatto con la Terra e con tutte le cose che vi crescono. Si può insegnare tutto quel che si vuole, ma esserci per davvero, coltivando e cucinando e mangiando, è un’ecologia che tocca il loro cuore, e che gliela rende importante…Imparare nell’orto di scuola è imparare nel mondo al suo meglio (Capra 2005)
Per quanto riguarda l’orto, i bambini, grazie all’aiuto dei familiari e degli operatori del nido (educatori e collaboratori), a partire dal mese di novembre – ma seguendo la stagionalità delle diverse piante – hanno seminato e/o messo a dimora alcuni ortaggi ed erbe aromatiche: fave, ceci, mais, pomodoro, fragole, prezzemolo, rosmarino, patate, salvia, cipolle, sedano, ecc.
Nel corso dei mesi essi, immersi in un contesto di gioco multisensoriale (le forme, le superfici, i colori, gli odori, i sapori, i suoni), hanno avuto l’opportunità di seguire la crescita e le trasformazioni di queste piante, se ne sono presi cura e ne hanno mangiato i frutti che le cuoche del nido hanno sapientemente cucinato. Pertanto i bambini hanno compreso che le piante sono esseri vivi, che nascono e crescono come loro, che hanno bisogno di rispetto, di attenzioni e di cure.
Naturalmente, questo tipo di esperienze richiede l’adozione di particolari accorgimenti, quali l’uso di galosce, di mantelline e ombrelli per la pioggia, di utensili vari (cestini, palette, rastrelli, setacci, tubo di gomma, lente d’ingrandimento, innaffiatoi, ecc).
Per proteggere le piccole piantine e i semi dalle continue incursioni degli uccelli, al centro dell’orto abbiamo posto uno spaventapasseri di paglia; ma, in un’altra ala del giardino, abbiamo posizionato un poggiatoio per gli uccelli dove i bambini hanno messo quotidianamente del cibo.
Inoltre, queste esperienze ci hanno offerto l’opportunità di vivere incontri inconsueti. Infatti, grazie alle attività che un orto quotidianamente richiede (seminare, innaffiare, togliere le erbe infestanti, raccogliere le cartacce portate dal vento, raccogliere i frutti maturi, ecc) i bambini hanno potuto incontrare ed osservare i piccoli animali che dell’orto hanno fatto la propria dimora (lombrichi, coccinelle, formiche, api, grilli, farfalle, bruchi, gechi, ecc.).
In particolare, i bambini più grandi (30-42 mesi) sono stati i protagonisti principali di queste esperienze, in quanto, trascorrendo quotidianamente diverse ore nell’orto, hanno maturato un legame forte con la comunità di esseri che in esso si è sviluppata, un gran senso di responsabilità ed una certa padronanza nell’eseguire alcune incombenze che l’orto richiede.
Inoltre, per loro è stato molto interessante ed entusiasmante capire come il cibo – prodotto giocando – possa direttamente transitare dall’orto alla tavola. Infatti, raccogliere e, nel giro di un paio di ore, condividere a pranzo i prodotti appena raccolti ha anche permesso ai bambini di superare il disinteresse e/o avversione verso il consumo delle verdure.
Una riflessione a parte meriterebbe l’utilizzo dei semi nell’orto. L’aver realizzato con le proprie mani un piccolo vivaio e/o sotterrare i piccoli semi ha fatto si che i bambini comprendessero il grande mistero che ogni seme custodisce; hanno capito che ogni seme è un qualcosa di magico perché, se messo sotto terra e innaffiato, germoglia e, quindi, si trasforma in una nuova vita. Questa scoperta ha fatto emergere in loro una passione nuova: raccogliere e collezionare semi di ogni tipo per farli germogliare e poter osservare la vita che esplode.
Gli animali al nido
In diverse occasioni i bambini ed i loro familiari hanno avuto l’opportunità di sperimentare un primo approccio con alcuni animali domestici portati al nido dai genitori stessi, dai nonni o dal personale operante nella nostra struttura. Infatti, nel corso dell’anno nel nostro nido abbiamo ospitato pulcini, conigli, un criceto, un cucciolo di cane, una coppia di pappagalli, una pecora, un pony.
Naturalmente, a causa delle ben note misure igienico-sanitarie previste per ambienti destinati a bambini così piccoli, si è trattato di incontri sporadici, di breve durata e realizzati quasi sempre all’aperto, ma molto importanti per i bambini.
Infatti, avvicinarsi – in un contesto intimo e protetto – a un cucciolo, accarezzarlo, dargli da mangiare, tenerlo in braccio o semplicemente osservarlo, ha suscitato nei bambini uno stupore, una gioia tale ed una capacità di ascolto e di cura che solo di rado è possibile riscontrare in altri contesti. Pertanto, questi incontri per adulti e bambini hanno costituito un primo importante passo verso la costruzione di una relazione di rispetto e di cura responsabile nei confronti della diversità. Occorre precisare che essi non sarebbero stati possibili senza la collaborazione delle famiglie, sia per la corretta gestione dello stress (dei bambini e degli animali) che queste esperienze inevitabilmente comportano, sia per la disponibilità a reperire ed accompagnare al nido gli animali stessi.
Metodologia:
Partendo dalla consapevolezza che l’infanzia costituisce un’opportunità fondamentale per orientare inclinazioni emotive destinate a durare tutta la vita e, quindi, in grado di influenzare ogni pensiero, atteggiamento e azione futuri, in questo percorso abbiamo predisposto accuratamente contesti di apprendimento capaci di aiutare i bambini a costruire una relazione significativa con gli esseri viventi e di sostenere il loro bisogno di conoscenza e il naturale stupore di fronte ai fenomeni naturali.
Da un punto di vista metodologico, al centro della nostra attenzione non c’era il ‘cosa si impara’, ma il ‘come si impara’ in quanto è dalle modalità attraverso le quali vengono promossi gli apprendimenti che prende forma la relazione che i bambini costruiscono con il mondo naturale.
In questa prospettiva, noi adulti ci siamo ritagliati diversi momenti di riflessione, che abbiamo spesso condiviso con i genitori, per rintracciare le ragioni di fondo che ci muovevano e, quindi, per comprendere come rendere questo percorso un’autentica occasione di crescita per i bambini.
Grazie a questi momenti di riflessione sono emerse interessanti questioni:
- Quali sono i processi che si pongono alla base dell’apprendimento nei bambini piccoli?
- Come costruire contesti di gioco all’aperto capaci di sostenere la motivazione al conoscere, le riflessioni e le narrazioni dei bambini?
- Come aiutare questi ultimi a superare le proprie resistenze?
- Come promuovere l’apprendimento globale, in cui cioè i bambini partecipano alla costruzione delle conoscenze e non ne sono esclusivamente i destinatari?
- Qual è il ruolo dell’adulto in siffatti contesti di gioco?
Queste le domande emerse sin dalle prime battute all’interno del nostro gruppo di lavoro. Domande che si sono poste alla base di un processo di costruzione collettiva e condivisa di senso e che hanno trasformato il percorso stesso in un viaggio di ricerca.
Pertanto, l’intenzionalità che ha guidato le nostre azioni si è ispirata ad una didattica lenta, cioè a misura di bambino, modellata su tempi, spazi e materiali naturali e, quindi, adeguati ai suoi bisogni esplorativi e conoscitivi. Una didattica che ci ha costretti molto spesso a tenere a freno le nostre fobie e ansie di fronte ad esperienze potenzialmente rischiose (correre, salire, scendere, arrampicarsi, innaffiare le piante, saltare su una pozzanghera, bagnarsi), che sporcano o che comportano incontri non previsti (scavare la terra, manipolare il fango, approcciare un lombrico, un grillo, un geco, una chiocciola o un coleottero).
Lo statuto teorico di questo progetto si fonda sui principi delle scienze olistiche e dell’ecologia, che vedono alla radice dell’attuale crisi ecologica una profonda rottura del rapporto uomo-natura. Secondo questa prospettiva non è sufficiente una conoscenza scientificamente fondata degli elementi e dei fenomeni naturali perché s’impari a prendersi cura del nostro pianeta-Terra (Mortari, 1994), ma occorre demolire quelle idee e quei valori che oggi creano una barriera invalicabile fra l’uomo e il cosmo. Occorre che le giovani generazioni vengano guidate nella costruzione di una visione sistemica e biocentrica dell’universo.
Di conseguenza, nel nostro lavoro con i bambini abbiamo dovuto mettere tra parentesi quelle idee-guida (idea di uomo, di natura) a partire dalle quali abbiamo costruito la nostra personale visione del mondo, per assumere una prospettiva biocentrica, in quanto solo grazie a questo tipo di approccio alla realtà saremmo stati in grado di sostenere e promuovere veramente le esperienze dei bambini e li avremmo aiutati a comprendere l’ecoalfabeto, cioè la capacità di pensare in termini di relazioni, connessione e contesto (Capra 2005).
FASI:
In un primo tempo gli educatori del nido hanno ragionato a lungo sulle finalità, sui contenuti, sull’impostazione metodologica e, più in generale, sulla valenza pedagogica di un percorso di questo tipo rispetto ai bisogni dei bambini che quell’anno frequentavano il nido;
In un secondo momento, il personale educatore ha consultato il Servizio Asili-Nido per verificare la possibilità di risolvere alcuni problemi logistico-organizzativi.
In un terzo momento, in un’ottica di continua ridefinizione, negoziazione e condivisione delle finalità, degli obiettivi e delle azioni del percorso stesso, le educatrici hanno presentato il progetto educativo-didattico alle famiglie. Questo momento è stato molto importante sia perchè si è riusciti a meglio precisare ogni aspetto del progetto, sia perché siamo riuscite a coinvolgere i familiari.
Infine, adulti (educatori e familiari) e bambini hanno dato vita al percorso educativo stesso.
VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELL’ESPERIENZA:
Il lavoro svolto con i bambini in questo percorso ci ha consentito di muoverci su più livelli:
- Le esperienze all’aperto hanno avuto un taglio metodologico tale da rendere l’orto del nido un laboratorio multisensoriale all’aperto, un luogo in cui esplorare e utilizzare in totale autonomia strumenti, materiali e oggetti speciali (i semi, da cui sbocciano nuovi esseri viventi). Un luogo in cui percepire suoni, sapori, profumi, caratteristiche cromatiche, termiche e materiche, ecc. Pertanto, esso è diventato una vera e propria aula didattica all’aperto.
- Le esperienze d’incontro con gli animali domestici portati dai familiari e con gli esseri che dell’orto hanno fatto la propria dimora ha consentito ai bambini di approcciarsi a un nuovo linguaggio – l’ecoalfabeto (Capra 2005) – cioè il linguaggio della natura, il quale promuove una forma di pensiero complesso che, contro l’antropocentrismo, vede tutte le forme di vita non come entità separate e in competizione fra loro, ma come nodi di un’intricata rete di relazioni e che vede l’esistenza umana come uno dei fili della trama della vita.
- Grazie a queste esperienze per noi è stato facile sostenere nei bambini la motivazione alla riflessione, grazie alla quale sono emerse personali e originali ipotesi/teorie sul mondo;
- Esse, infine, ci hanno permesso di ritagliarci importanti momenti di confronto e di scambio rispetto alla valenza educativa delle esperienze stesse. Infatti, le educatrici hanno periodicamente verificato/valutato se i contesti di gioco intenzionalmente costruiti, se le esperienze proposte e l’approccio metodologico adottato avessero la forza di sollecitare nei bambini conflitti cognitivi/emozionali significativi e se offrissero ai bambini la possibilità organizzare – in assoluta autonomia – la propria attività di conoscenza.
Fra gli elementi di maggiore criticità del progetto va sicuramente ricordato il fatto che un percorso di questo tipo non potesse interrompersi improvvisamente e per sempre.
Infatti, abbiamo ben presto costatato che, nella prospettiva della continuità pedagogica, sarebbe stato bello ed opportuno condividere con la scuola dell’infanzia il nostro progetto educativo-didattico, il quale, se non assume il carattere della continuità – temporale e pedagogica – difficilmente può incidere nei pensieri, nei valori e negli atteggiamenti.
Peraltro, la formazione di un pensiero ecologico richiede che i bambini abbiano l’opportunità di ripetere nel tempo esperienze a diretto contatto con la natura e che abbiano accanto adulti adeguatamente formati per sostenere e rilanciare le loro personali narrazioni.
SVILUPPI PREVISTI/NOTE:
Un ambiente educativo sostiene i bambini nel processo di scoperta del mondo quando garantisce permanentemente ai bambini la possibilità organizzare la propria attività di conoscenza e, nello stesso tempo, offre occasioni specifiche di conoscenza (Musatti, Mayer, 2003).
In questa prospettiva, oggi il giardino del nido non viene più pensato e utilizzato come mero luogo di svago da sfruttare solo nelle belle giornate per il gioco libero, ma si tende ad attrezzarlo ed organizzarlo affinchè divenga per i bambini un luogo in cui soddisfare i propri bisogni esplorativi, cognitivi, sociali, culturali; un luogo dove ‘incontrare’ i sassi, le formiche, il vento, la pioggia, i fiori, il sole, le comunità viventi. Un prezioso contesto di apprendimento grazie al quale la conoscenza non è data, ma viene co-costruita da bambini che sono artefici attivi ed appassionati del loro processo di crescita.
Di conseguenza, nel nostro nido si è affermata pian piano una ‘pedagogia del rischio’ – un rischio che educa – necessaria per dare fiducia ai bambini, per spingerli a giocare fuori e a osare, a mettersi alla prova, a superare le proprie resistenze.
Tutto ciò è stato possibile perchè sono cambiate le nostre emozioni e intenzioni. L’adulto ansioso e iper-accudente, che ‘fa scuola’ somministrando risposte preconfezionate ha ceduto il posto a un’intenzionalità che predispone contesti di gioco aperti e stimolanti. Un adulto che affianca il bambino senza sostituirsi a lui, che incoraggia e si sporca le mani, che spinge i bambini a godere di esperienze che è possibile realizzare solo all’aperto.
È cambiata, inoltre, la modalità dei bambini di vivere il giardino. Infatti, grazie a queste esperienze, i bambini hanno recuperato nei confronti della natura uno sguardo che appartiene all’infanzia, tracciando traiettorie e narrazioni inedite e imprevedibili.
Grazie a questo percorso sono cambiati anche gli strumenti di gioco di adulti e bambini. Infatti, per giocare all’aperto molto spesso è sufficiente portare dei semi, una paletta, un secchiello, una carriola, delle piantine prese al vivaio o portate da un nonno, una lente d’ingrandimento, un ombrello, le bucce di alcune patate con i germogli, le cassette della frutta, stivali di gomma, un lungo tubo dell’acqua, dei ciotoli e/o della sabbia.
È cambiato il modo degli adulti (educatori e genitori) di guardare gli spazi verdi che la città offre: non più solo luoghi del tempo libero, dello svago e dell’ozio, ma spazi brulicanti di vita, dove creare vere e proprie aule didattiche all’aperto per sostenere il senso di appartenenza alla natura e l’apertura e il senso di responsabilità verso tutto ciò che è non umano.
Documentazione:
Due progetti educativi tra “micro” e “macro”, elementi in comune e prospettive diverse
Progetto “Eat with your mind”
Perché un orto a scuola?