Lo sviluppo della capacità di rappresentazione mentale nell’esperienza robinsoniana [1]
Walter Ferrarotti
La rappresentazione mentale è un’operazione che può avvenire in forme diverse e con diversi gradi di complessità: può riguardare semplici oggetti oppure azioni può fatti; può riferirsi a fatti di durata più o meno lunga, richiamati alla memoria, o a progetti di azioni con uno sviluppo più o meno complesso e prolungato. Questa operazione si avvale degli stimoli provenienti da tutti i canali percettivi e di tutte le operazioni che l’individuo compie nei processi di interazione con l’ambiente. Ciò significa che la rappresentazione mentale non avviene esattamente nello stesso odo in due individui diversi e che è fortemente influenzata dal modo di rapportarsi all’ambiente da parte di ciascun individuo.
La rappresentazione può essere molto precisa ma riguardare oggetti definiti ed episodi di breve durata; può dipendere dall’iniziativa personale o da richieste esplicite poste da altri o dall’ambiente; può essere scarsamente definita all’inizio, ma precisamente orientata verso un obiettivo e quindi può arricchirsi ano a mano che si sviluppa l’esperienza e il pensiero la rielabora.
Non è detto che colui che sa rappresentarsi con estrema chiarezza una figura geometrica con tutte le sue proprietà sia anche capace di rappresentarsi l’organizzazione di un lavoro in un ambiente non familiare.
Come per qualsiasi abilità o funzione anche la rappresentazione mentale è una capacità che si sviluppa con l’esperienza abituale e pertanto dipende per i suoi caratteri e per il suo orientamento anche dall’educazione. La capacità di rappresentazione, a sua volta, condiziona i rapporti successivi dell’individuo, con l’ambiente inducendolo a cercare e a vedere solo, o soprattutto, i suoi contenuti.
Da questi brevi enunciati si desume che il rapporto di un individuo con l’ambiente che lo circonda può essere fortemente influenzato da ciò che l’individuo è abituato a cercare e a vedere. La “predisposizione” (una rappresentazione delle proprie disposizioni ad operare in un senso definito)con la quale si entra in un ambiente può aprire ad un arricchimento di conoscenze o riproporre semplicemente vissuti consolidati. Nel caso dell’esperienza robinsoniana, bambini ed adulti si trovano a dover affrontare un ambiente naturale poco organizzato dall’uomo e comunque non preparato per esperienze scolastiche. Si direbbe quasi inevitabile un succedersi di eventi nuovi e di scoperte. In realtà può accadere di tutto.: dall’avventura esaltante alla monotona ripetizione di azioni abituali in un ambiente forse meno agevole. Tutto dipende da ciò che si cerca, da ciò che chi si rappresenta fin dall’inizio. Quando ci rappresentiamo n ambiente qualsiasi, non “vediamo” tutto, ma solo ciò che cerchiamo, e in rapporto a questo ambiente ci sembrerà molto diverso, né più né meno come sono diverse che carte geografiche che segnano le strade o i caratteri fisici o la flora o la fauna o la densità della popolazione o i minerali o i fossili o le acque o il clima o le attrezzature turistiche o i monumenti o gli abitanti o gli itinerari percorribili con mezzi diversi, ecc. Come non può esistere una carta che rappresenti tutto ciò che potrebbe rappresentarsi (finirebbe col coincidere con la realtà stessa, inesauribile occasione di rapporti diversi e quindi di rappresentazioni diverse), così la rappresentazione mentale rappresenta una scelta di alcune modalità di rapporto tra le infinite possibili.
Ecco perché qualcuno va per prati, boschi e torrenti, portandosi dietro ciò che fa a casa propria o a scuola e ripetendolo meccanicamente nella nova situazione, non trovando nulla di “nuovo”.
Se si vuole la scoperta e l’avventura bisogna prepararsi alla scoperta e all’avventura, inventarsela prima e poi cercarle, aperti alla sorpresa. E’ un errore pensare che la natura che non risente troppo degli interventi umani incoraggi l’iniziativa ed esperienze nuove. Chi non è abituato ad assumere iniziativa e a provare la novità, non vede e non scopre nulla; trova l’ambiente “povero”, monotono, magari pericoloso e “non adatto ai bambini”. Sente il bisogno di portarci gli oggetti del proprio vivere quotidiano: giocattoli, coperte, magari sedili o addirittura “materiale didattico” per fare qualcosa di “intelligente”. La misura dell’apertura all’ambiente robinsoniano è inversamente proporzionale alla quantità di oggetti e di strumenti che ci si porta dietro.
Alcune tribù dell’Amazzonia vivono nude in mezzo alla foresta. La rappresentazione mentale ai realizza secondo schemi che vengono consolidati dall’educazione e dall’esperienza in senso lato. “Robinson” può essere un’occasione per capire i limiti dei nostri schemi e la possibilità di integrarli con altri nuovi.
Il discorso potrebbe allargarsi su molti altri aspetti. Mi limito a sottolinearne due che influiscono sulla formazione degli schemi di rappresentazione: la durata dell’azione rappresentata e il livello di partecipazione personale.
Quando parlo di durata dell’azione mi riferisco allo svolgimento dell’avventura: pochi minuti, qualche ora, qualche giorno. Il bambino ha certamente limiti connessi con il suo livello di sviluppo che gli rendono difficile una rappresentazione su tempi lunghi, ma la sollecitazione e l’aiuto dell’educatore possono porre le basi per la rappresentazione di eventuali futuri sempre più complessi, enunciandoli prima, come precisa successione di azioni, e ricordandoli dopo che sono avvenuti. Tanto più lunghi sono gli avvenimenti futuri della realizzazione di progetti che un individuo riesce a rappresentarsi, tanto più autonomo diventa l’individuo stesso.
La partecipazione personale può avvenire per gradi diversi che vanno dalla totale dipendenza del gregario che segue ed esegue, all’iniziativa di chi suggerisce o addirittura si fa guida. Il grado di partecipazione riflette un modo diverso di rappresentarsi: rapporti con l’ambiente e con gli altri, chiarezza di obiettivi e sicurezza. Se l’educatore si fa carico di risolvere i problemi e di condurre semplicemente i bambini , ne fa dei pazienti e dei timorosi accompagnati che vedono e comprendono meno di quanto si creda. Non si tratta ovviamente di incoraggiare i bambini a sparpagliarsi in un bosco, a metterli in condizione di riflettere, di decidere che cosa fare, dove andare, di scoprire il pericolo, di avere prudenza e timore, non paura del rischio. Scoprire l’inesauribile ricchezza dell’ambiente naturale più povero, la possibilità di inventare, di costruire, di trasformare una realtà estranea in una familiare, completa il quadro delle opportunità fondamentali che può offrire l’esperienza robinsoniana.
Sembra chiaro che lo strumento primo, indispensabile e, permettetemi in una prospettiva utopistica, unico, è il cervello dell’educatore. E’ da questo che partono i suggerimenti per scoprire gli oggetti esistenti (sassi, terra, sabbia, rami, foglie, steli, tronchi, fiori, animali, acqua, sentieri, canali, tane, grotte, nidi, suoni, rumori, luci, ombre, frutti buoni o velenosi, sapori, odori, corpi pungenti, taglienti, morbidi, pesanti, leggeri, grandi, piccoli, di materia diversa e di diversa consistenza, ecc.) e le numerose funzioni e i molti significati che possono assumere.
Che cos’è una foglia? Un copricapo, un segnale, una barca, un parasole, uno strumento musicale, un elemento decorativo, un paralume, un oggetto per lasciare impronte, un nascondiglio, un ventaglio, un foglio in cui avvolgere qualcosa, un foglio in cui incidere, scrivere, un medicamento, un cibo, un medicinale, un profumo, una maschera, un colorante, un colore, un trinciato forte, un segnaposto, un segnalibro, un dentifricio, una forma, un contenitore, carta igienica, un elemento di una collana o di un bracciale, un’applicazione per un vestito, una lama, un cuscino, un ago, un puntaspilli, una moneta, il viso di un elfo, un ricordo … e per questo solo per incominciare e solo una foglia (o qualche foglia)
In quale avventura si inserisce una foglia? Potrebbe iniziare un elenco molto lungo che presuppone molte riflessioni, invenzioni e ricerche. Ciascuna voce di questo elenco cambierà significato ne funzione di ogni foglia, di ogni realtà piccola e grande che si incontrerà e dell’ambiente in cui i robinsoniani porranno piede. Immaginiamoci le foglie, gli alberi e tutto il resto di una storia di: piarti, coloni, gnomi, pellerossa, esploratori, guardie e ladri, zingari, atleti, soldati e guerriglieri, collezionisti, cacciatori, alpinisti, navigatori, attori, commercianti, cow-boys, o robinsoniani naufraghi in cerca di un tetto e di un piatto…..
Ogni storia si costruisce usando diversamente materiale e caratteristiche dell’ambiente, attribuendo di significati diversi agli stessi oggetti. Per vivere una storia si può progettare tutto lo svolgimento oppure si può preparare il materiale improvvisando di volta in volta avventure nuove.
Esplorazione dell’ambiente e scoperta delle risorse cambiano completamente nell’ottica di un pirata o in quella di un naturalista. Questo significa che è necessaria per ogni avventura una base culturale che indirizzi la fantasia e la ricerca. Occorre sapere cosa vuole, come agisce uno zingaro, uno gnomo o un pellerossa. Si tratta di conoscere strumenti, modi di comunicare, indumenti, abitudini, canti, alimenti e quanto caratterizza la vita dei personaggi con i quali ci si identifica.
Si tratta di imparare a costruire, a muoversi, a guardare, a comunicare, a pensare (valutare, misurare, connettere, provvedere in modi diversi). Chi si perde come Robinson deve conoscere, imparare e soprattutto saper usare le conoscenze molto di più e meglio di quanto non sia necessario a chi vive in pantofole.
[1] Introduzione all’esperienza “Scopri ad ogni passo l’avventura”, tratta dall’omonimo volume. L’esperienza ispirata al Robinsonismo, propugnato e diffuso da Dino Perego, direttore dei servizi sociali dell’Olivetti, fu avviata nel 1982 e si concluse nei primi anni del 2000; parteciparono migliaia di bambini delle scuole dell’infanzia comunali; gli insegnanti che aderivano al programma partecipavano ad un corso di formazione.
L’esperienza robinsoniana ha accompagnato molti anni della mia attività con i bambini e con gli insegnanti; indelebili sono i ricordi delle esplorazioni lungo il greto del torrente Ceronda, nei boschi del parco “La Mandria”, attraverso i sentieri della collina di Piossasco e nei prati vicini al lago di Viverone; è ancora viva l’emozione per alcuni imprevisti come, ad esempio, la presenza di una vipera che attraversava lentamente un tratto sassoso e che ha provocato un timore nell’immediatezza ma anche la prontezza nel rimanere tutti in silenzio e fermi. Sono state occasioni numerose e molto diverse l’una dall’altra, a seconda del contesto ambientale, sia per ridefinire la rappresentazione mentale e sia per esercitare aspetti della personalità importanti nella quotidianità in ambito emotivo e sociale.
Dal punto di vista della rappresentazione mentale erano indispensabili tutte e tre le fasi: la preparazione precedente, l’esperienza diretta e la verifica successiva, a conferma che la progettualità, la formulazione di ipotesi, la curiosità e la ricerca di informazioni consentono non solo di applicare conoscenze e processi già acquisiti ma soprattutto di ricavarne dei nuovi, pur nell’utilizzazione di misure diverse di fantasia, qualora fosse stata scelta come impronta da dare all’esperienza. Riguardo i vissuti motivazionali ed emotivi era importante il coinvolgimento nella fase di preparazione ed era importante l’intensità con cui si realizzavano le ricognizioni relative alle risorse e alle caratteristiche del territorio. Una dimensione che si curava era quella dei rapporti di collaborazione e suddivisione dei compiti all’interno del gruppo con conseguenti attivazioni di competenze, responsabilità e aiuto reciproco per affrontare gli innumerevoli imprevisti relativi alla meteorologia, alla temperatura, alle caratteristiche del terreno, ad eventuali piccoli incidenti a cui porre rimedio. In ogni caso le conoscenze relative all’ambiente, gli apprendimenti, la fiducia in se stessi e negli altri, il piacere della condivisione, per citare solo qualche esempio di acquisizione, che si ricavavano da una giornata o da una settimana di avventura robinsoniana erano incomparabili! Sia i bambini che gli adulti imparavano non solo a preparasi ma anche a governare il rischio in modo prudente nell’ambiente naturale ma anche in tutte le occasioni scolastiche e, cosa ancora più importante, nella vita di tutti giorni. A livello personale ho avuto occasione di trasferire quelle meravigliose esperienze nelle escursioni con il CAI e nelle iniziative del MASCI, in particolare ,ma ogni attività può essere affrontata come un’avventura se si impara a coniugare il conosciuto con lo sconosciuto, quello che si sa con quello che si può imparare, il reale con il fantastico, l’individuale con il sociale, in un concerto inesauribile e interminabile quale cifra dell’esistenza. Milva Capoia