Dopo la legge 107/2015 e il decreto legislativo 65/2017 “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni” attuativo dell’articolo 1, comma 181, lettera e), della legge 107 (Buona scuola) a che punto siamo? Ci sono spazi per attivare progetti zerosei?
Le norme base ci sono, altri interventi applicativi sono allo studio e stanno arrivando (sempre che la prossima tornata elettorale non complichi la situazione e blocchi il lavoro degli uffici ministeriali e delle Commissioni insediate). Si sta lavorando sulle linee guida, sul tema dei titoli di studio. Problematiche importanti e complesse. Le linee guida devono intervenire sulla materia dello zerotre che finora è rimasta orfana di “orientamenti pedagogici”, ma soprattutto dovranno trovare un’armonizzazione con le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2014. E questo tenendo conto anche del processo di riorganizzazione che ha portato alla pressoché generalizzazione degli Istituti comprensivi che hanno legato la scuola dell’infanzia alla scuola primaria con contaminazione delle pratiche educative e della stessa visione dell’educazione sempre più attratta da una concezione di istruzione e di impianto cognitivista.
Sarà un terreno su cui si cimenterà anche la formazione dei prossimi anni nella speranza di salvare il concetto che “cura è educazione” e che il bambino è corpo e fisicità oltre che mente.
Il tema dei titoli di studio è veramente un terreno tormentato, la situazione di partenza è già altamente complicata e con differenze da Università a Università (e quindi da territorio a territorio) incomprensibili e inconciliabili. Ne ha tracciato un quadro distaccato, e per questo ancor più impressionante, Emilia Restiglian dell’Università di Padova, nella sua ricerca “La formazione iniziale degli educatori della prima infanzia. Realtà e prospettive” (Edizioni Zeroseiup, 2017). Alle complicazioni di un sistema di formazione nato per rispondere a equilibri di cattedre e di crediti all’interno dei singoli Atenei, si aggiungono la norma che prevede il corso di laurea per educatori di nido (e il sistema di sanatoria tramite corsi speciali universitari per chi non ha al momento il titolo) e la legge “Iori” per il riconoscimento degli educatori professionali che a sua volta prevede un percorso di formazione universitario. Siamo alla confusione assoluta: saranno necessari interventi legislativi per armonizzare le diverse norme in contrasto tra loro (appuntamento al primo mille proroghe del nuovo esecutivo), e nel frattempo creeremo condizioni per futuri contenziosi. Intanto l’Università è nel caos perché è chiamata a interventi da realizzare in tempi stretti senza avere le condizioni e le attrezzature per far fronte alla mole di adempimenti e di corsi richiesti.
Ci vorrà tempo, siamo abituati a provvedimenti improvvisati e contraddittori e ai successivi aggiustamenti con sanatorie, ricorsi, sospensive, e avanti così.
Ma intanto che cosa succede? Che ne è del tanto conclamato, discusso, temuto, auspicato zerosei?
Abbiamo dibattuto se si trattava di un vero zerosei, un ciclo educativo integrato e omogeneo o di uno zero-sei con il trattino in mezzo, un modo per mettere insieme Nido e Scuola dell’infanzia, ma lasciandoli vivere ciascuno per conto loro.
Ci sono motivazioni e interessi pratici a sostegno dell’una e dell’altra ipotesi.
Certamente un ciclo unico (pur con articolazioni specifiche) almeno fino ai sei anni, probabilmente meglio sarebbe da zero a quattordici anni risponde meglio a problemi organizzativi, di risposta alle esigenze del territorio e alle variazioni di natalità, può mettere in moto processi innovativi nelle pratiche pedagogiche meglio rispondendo alle esigenze dei bambini (del singolo concreto bambino), valorizzando competenze educative, ecc. Pensiamo solo agli anticipi: un bambino è anticipatario rispetto a che cosa? Non al suo sviluppo perché ha ritmi e tempi di crescita che si sviluppano in un continuum temporale anche senza necessità di una regolarità. Diventa anticipatario di fronte a una scuola rigida che decide in quale mese un bambino è in regola per accedere a quel ciclo e che una volta acquisito il bambino lo costringe a adattarsi ai ritmi e ai tempi dell’istituzione senza rispetto e riguardo di come procede nel frattempo lo sviluppo del bambino.
È un tema fondamentale su cui sarà necessario riportare l’attenzione, la discussione, la riflessione.
Nel frattempo, a chi viene in mente di cimentarsi con questo tanto conclamato zerosei, in cosa incappa? Le informazioni che abbiamo non ci danno un panorama molto gratificante: le esperienze sono poche, in molti casi parziali e incerte.
Ma soprattutto ci sono ostacoli precisi che nessuno, a livello decisionale, sembra prendere in considerazione. Esiste un dominio delle ASL: i regolamenti sanitari riescono a bloccare i progetti su requisiti di una rigidità estrema. Abbiamo verificato in più Regioni: i regolamenti impediscono di gestire un servizio zerotre (nido) in locali comunicanti con un servizio tresei (scuola dell’infanzia). Ci sono casi in cui è stata imposta la costruzione di divisorie e la muratura di porte. In altri casi è stato suggerito l’escamotage di fare facendo finta di fare altro (per esempio di aprire una scuola dell’infanzia e di abbinarci uno spazio gioco che permette di tenere bambini più piccoli).
Qualcuno pensa di farsi carico di queste piccolezze? Il MIUR cui adesso afferisce la responsabilità e la competenza di tutto il settore ha conoscenza di questi piccoli banali problemi? Ci sarà qualche iniziativa per attivare qualche sperimentazione seria assistita a livello scientifico che possa essere di riferimento per lo sviluppo futuro del sistema? O, come spesso in passato, abbiamo fatto la legge e quindi abbiamo la coscienza a posto. Quel che poi succede o meno non ci riguarda?
Lanciamo un appello, un invito. Segnalateci le iniziative, anche se modeste e limitate che avete attivato. Segnalateci le difficoltà e i problemi incontrati. Vorremmo dar vita a qualche incontro di riflessione a partire dalle esperienze avviate, a qualche Seminario di analisi dei problemi aperti.
Insieme possiamo farcela. |